Se gli impianti non interessano perché rischiare i beni personali?”

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    Chiudono gli impianti di Colere? Sì se la Regione non ci mette soldi. Gli storici proprietari (dal 1982, sarebbe il 30° anniversario proprio quest’anno), Angelo e Vanni Stabilini e Lino, Tarcisio e Vito Visinoni di Rovetta, non vogliono più “metterci un euro” nella SIRPA e non hanno nemmeno avviato la campagna promozionale per la prossima stagione. “La scorsa stagione è andata male. Da 92 mila biglietti staccati nella stagione 2010-1011 siamo scesi della metà l’inverno scorso. Devi sapere che anche quando va bene, la società pareggia i conti, se abbiamo la metà degli incassi siamo in perdita e sinceramente ci siamo stancati di buttare dentro soldi, quando a nessuno sembra interessare…”. Angelo Stabilini, tra una sigaretta e l’altra, comincia il suo personale cahier de doleance che va oltre la relazione uffciale che pubblichiamo in questa pagina. “Se una stagione va male non hai di che pagare il personale. Noi abbiamo 17 dipendenti. Ma ci sono da pagare i mutui, gli ammortamenti, vai in perdite paurose e le Banche adesso chiedono garanzie sul patrimonio personale. Ma se gli impianti non interessano a nessuno perché dovremmo mettere a rischio il nostro patrimonio personale? Tra i nostri e quelli degli alberghi, sono circa 70 i dipendenti che restano a casa se chiudiamo”. Ma chiudete o no? “Aspetta. Parliamo dell’indotto. Ci sono studi fatti su stazioni non tanto lontane che quantificano tra gli 8 e i 10 milioni il giro economico che fa riferimento agli impianti”. State dicendo che in Val di Scalve c’è un giro di affari di quella portata per gli impianti di Colere? “Lo studio non l’abbiamo fatto noi, ma un professionista del settore, Francesco Bosco…”. Ma non sugli impianti di Colere. “No, ma le dimensioni non sono lontane”. Quindi state dicendo, se la Regione, la Provincia, il Comune, la Comunità Montana, gli esercenti scalvini, non ci mettono un euro, significa che non gli importa nulla e voi ve ne andate. “Il Comune di Colere ha incassato negli ultimi 27 anni, convertendo le lire in euro, 457.063 euro solo per l’affitto della prima seggiovia, quella di Carbonera. Più Iva, altri 90 mila euro che il Comune incassa senza versare. Il Comune è sceso allo 0,8% di quota nella società, era al 10%, noi abbiamo fatto investimenti e aumenti di capitale, il Comune non sborsando nulla ha ridotto la sua quota di partecipazione. E oggi nessuna stazione sta in piedi soltanto con il capitale privato, tutti i Comuni stanno investendo in questo settore. Ecco qui un esempio: gli impianti di Borno era in sofferenza: il capitale pubblico è salito all’81,45%. Partecipano il Comune di Borno (33,96%), il BIM (28,54%), la Provincia di Brescia (16,63%) e con quote minori la Comunità Montana, i Comuni di Darfo Boario, di Ossimo e di Piancogno. In Val di Scalve partecipa solo il Comune di Colere con una percentuale bassissima. Prendiamo quello che è successo in Val Brembana dove i Comuni di Foppolo, Valleve e Carona hanno fatto l’operazione capitalizzazione vendendo a De Benedetti un grande piazzale per costruirci box e residenziale, prendiamo Valbondione dove il Comune ha la maggioranza delle azioni…”. (vedi articolo sotto – n.d.r.). Quindi cosa chiedete? “Prima di tutto non paghiamo più l’afftto della seggiovia di Carbonera che, come è messa, vale 170 mila euro, praticamente niente, perché dovremmo pagare 15 mila euro di afftto all’anno? E tenete conto di come paghiamo i dipendenti, secondo i contratti del trasporto pubblico, senza avere i vantaggi e i contributi dati al trasporto pubblico”. Ma tenete aperto o chiudete? “Se non interviene nessuno, quest’inverno non riapriamo”.

     

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