La gioia di diventare mamma ai tempi del Coronavirus: le storie di Francesca e Michela

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In questo periodo così buio per la terra bergamasca, abbiamo voluto aprire una parentesi di gioia e di speranza. Lo abbiamo fatto raccontando due storie, quella di Francesca e di Michela, che sono diventate mamme proprio in questi giorni di marzo, quando la primavera è alle porte. Francesca, di Costa Volpino ha dato alla luce Vita, mentre Michela, di Villa di Serio, che abbiamo intervistato pochi giorni prima del parto è diventata mamma di Giacomo. Ecco le loro storie.

LA STORIA DI FRANCESCA

Era da poco passata la mezzanotte del 10 marzo, quando all’Ospedale di Esine, nel pieno dell’emergenza sanitaria che l’intero territorio sta vivendo, è arrivata una di quelle notizie che ti cambiano la nottata, ti disegnano un sorriso e ti donano… Vita. Sì, è proprio la storia di Vita quella di cui parleremo in questa pagina di giornale. Vita è scritto in maiuscolo perché è quella ‘meravigliosa creatura’ che ha saputo illuminare anche la notte più buia. Vita è il nome della secondogenita di Francesca Paduano, che è diventata mamma per la seconda volta. 29 anni ancora da compiere, gli occhi stanchi, ma il cuore pieno di felicità. Vita si è affacciata al mondo in un momento difficile, di quelli che vorresti un giorno raccontare come un brutto sogno.

Io abito a Costa Volpino da quando mi sono sposata nel 2012 – spiega Francesca dal suo letto d’ospedale -, ho scelto di partorire a Esine perché qui è nato anche il mio primo bimbo, Christopher, che compirà tre anni a fine luglio. E ora è arrivata lei, 2 chili e 970 grammi di perfezione”.

Vita si sarebbe chiamata così comunque, mamma e papà l’avevano già scelto da tempo ma oggi questo nome così speciale sembra portare con sé anche un messaggio e un grido di speranza… “Ha una bella storia, diciamo… particolare. O almeno per me, ma noto che tutte le persone quando sentono pronunciare il nome restano un po’ in silenzio e poi apprezzano, chi si sbilancia di più mi chiede imbarazzato il motivo. E allora te lo racconto. In realtà essendo napoletani sia io che mio marito, qualcuno ipotizza possa essere il classico nome meridionale, invece non è così. Il suo nome nasce nel 2016, nonostante la giovane età la prima gravidanza è arrivata con stimolazioni ovariche e cure ormonali, quando ho saputo di essere incinta beh, dentro di me era arrivata la vita. Così, prima ancora di scoprire se fosse stato un maschietto o una femminuccia, mio marito si è tatuato sulle dita della mano destra la parola ‘VITA’. Abbiamo deciso che se fosse stata femmina l’avremmo chiamata così e invece… è arrivato Christopher. Eravamo felicissimi visto che i miei fratelli (tutti maschi) hanno avuto tutte femmine e i nipoti di mio marito sono a Napoli, qua mancava un proprio un bel maschietto”.

E poco meno di due anni dopo… “Mi avevano detto che per un’eventuale seconda gravidanza sarebbero servite altre cure, insomma un altro calvario da sopportare. E invece inaspettatamente e senza l’aiuto della medicina è arrivata lei, e come potevamo non darle quel nome”.

Diventare mamma è un’avventura unica, travolgente e straordinaria, che ti cambia nel profondo, Francesca lo sa bene, ma diventare mamma in un periodo come questo ti mette alla prova un pochino di più… “È stata una gravidanza piuttosto pesante, ho sofferto di iperemesi gravidica, reflusso gastroesofageo, insonnia, e come se non bastasse prima l’allarme meningite e poi il Coronavirus. Già sono una persona che se non è in ansia per qualcosa va a cercarsi il motivo per esserlo lo stesso quindi la mia psicosi è salita alle stelle! Ultimamente è stata davvero dura star tranquilla. Speravo di anticipare il parto prima che arrivassero dei pazienti contagiati anche all’Ospedale di Esine e potermi chiudere in casa con i miei piccoli. Penso che faranno santo anche il mio ginecologo che mi ha supportato moralmente quando ogni giorno gli scrivevo per sapere se ci fossero delle procedure per donne incinta. Ero molto preoccupata, continuavo a chiedere quali reazioni provoca il virus a un neonato, ma mi hanno subito rassicurata. Non sentivo parlare di altro, ovunque fossi, anche se una donna incinta magari farebbe anche a meno di sentirsi raccontare tutto nei dettagli, ma dove non arrivava la gente facevo da me. Non ti nascondo nemmeno di aver cercato informazioni su Google, quante volte avrò digitato sulla tastiera “coronavirus e neonati “, “Mamma positiva bambino alla nascita” e ricerche simili, non lo so nemmeno io”…

LA STORIA DI MICHELA E DEL PICCOLO GIACOMO

Nei momenti più bui della storia umana ci sono sempre lampi di luce che illuminano, anche se per pochi secondi, il cielo. E’ capitato durante le guerre e le grandi epidemie del passato, sta succedendo anche in questo periodo oscuro e doloroso per la Media e Bassa Valle Seriana.

Un suono di allegrezza in mezzo a tante, a troppe campane a morto.

Questa è la storia di Michela, una donna di Villa di Serio, tra i paesi più colpiti dal Coronavirus, il maledetto Covid 19. “Nel nostro paese sono morte decine di persone a causa del virus, questa nascita è un segno di speranza per tutti”.

Mentre scriviamo, Michela si trova a casa sua, nel centro storico villese, dove vive con suo marito Cristian. Il nono mese di gravidanza scade venerdì 20 marzo (in questa giornata viene indotto il parto, ma può darsi che all’uscita del giornale il bambino sia già nato…).

Michela è felice, addirittura raggiante, e ne ha due validissimi motivi: oltre all’arrivo del suo primo figlio, lei può festeggiare una grande vittoria. Sì, lei ha sconfitto il Covid 19. E lo ha sconfitto insieme a quel piccolo che per nove mesi ha portato in grembo.

Ho cominciato a fine gennaio ad avere forti mal di testa – spiega Michela – e poi, piano piano, è subentrato un dolore polmonare che diventava sempre più forte. Io non mi preoccupavo, perché pensavo che si trattasse di un dolore muscolare dovuto ai movimenti del bambino. Sentivo dolore, infatti, nella parte bassa della cassa toracica. Più passava il tempo, però, e più il dolore andava peggiorando, era sempre più forte ed è passato dal polmone sinistro a quello destro. E poi, una mattina, non sono più riuscita ad alzarmi dal letto”.

Michela è quindi stata portata all’Ospedale. “Sì, è arrivata un’ambulanza e mi ha portata all’Ospedale di Alzano il giorno prima che scoppiasse la tempesta del Coronavirus. Mi hanno portata in reparto e fatto tutti gli esami, ovviamente non i raggi perché ero incinta. Alle 14 sono stata dimessa con un sospetto di polmonite o pleurite. Mi era stato detto di prendere l’antibiotico”.

La situazione non è però migliorata, anzi… “No, è peggiorata. Nonostante l’antibiotico, io continuavo a peggiorare ed ho quindi telefonato all’Ospedale Papa Giovanni XXIII. Io purtroppo ho avuto tre aborti e in questa gravidanza sono stata seguita all’Ospedale di Bergamo. Sono quindi andata lì e visto che ormai l’epidemia si stava diffondendo mi hanno ricoverata nel reparto delle malattie infettive. Mi è stato fatto il tampone e due giorni dopo mi è stato detto che ero positiva al Coronavirus”.

Una mazzata. Sei rimasta quanto tempo in Ospedale? “Ci sono stata dal 21 al 25 febbraio. Sentivo affanno e forte dolore, ma non avevo difficoltà a respirare e nemmeno la febbre. In quei giorni stavano arrivando molti ricoverati più gravi di me, che non riuscivano a respirare e quindi, non avendo complicazioni, sono stata dimessa. I medici avevano anche constatato che il mio bambino stava bene, si muoveva e il cuoricino batteva regolarmente. E così, sono tornata a casa con la raccomandazione di stare in quarantena fiduciaria”…

LE STORIE COMPLETE LE TROVATE SUL NUMERO DI ARABERARA IN EDICOLA DAL 20 MARZO

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