Questa mattina, mercoledì 14 settembre, l’auditorium di Predore ha fatto da cornice al convegno ‘Oleoturismo sulle sponde bergamasche del lago d’Iseo: una nuova frontiera per la filiera olivicola’ organizzato dal Gal della Valle Seriana e dei Laghi Bergamaschi in collaborazione con l’associazione Olivicoltori del Sebino Bergamasco e con il patrocinio del Comune di Predore e della Comunità Montana Laghi Bergamaschi.
In apertura il saluto delle istituzioni, quindi il sindaco di Predore Paolo Bertazzoli che ha sottolineato l’ottima stagione turistica per il lago: “La migliore che si sia mai vista, ora dobbiamo essere in grado di valorizzare il nostro territorio e mettere in vetrina i nostri prodotti”. Poi Adriana Bellini, presidente della Comunità Montana: “Il nostro olio è il migliore che possiamo portare sulle tavole, ma da bergamaschi siamo abituati a tenere le eccellenze in casa, ma anche in previsione di Bergamo e Brescia città della cultura dobbiamo essere in grado di rilanciarlo”.
La parola chiave per la riscoperta dell’oro verde è proprio la valorizzazione del territorio e, come ha sottolineato Alex Borlini, presidente del Gal, “il tema del turismo è strategico nel nostro piano di sviluppo. Negli anni scorsi il turismo dell’olio è rimasto inespresso e proprio per questo ha un potenziale elevato”.
Nasce proprio così ‘Olivicoltura 2030’, un progetto che ha l’obiettivo di costruire una rete di Gal e quindi di operatori economici, che possano collaborare sul tema degli scenari futuri dell’olivicoltura italiana di qualità, con particolare focus sui territori al limite settentrionale dell’area di produzione anche in considerazione delle nuove sfide ambientali, generate dagli effetti dei cambiamenti climatici sulla vitalità delle colture – in particolare di alcune varietà – e dalla presenza di patologie importanti.
Quella di ‘Olivicoltura 2030’ è una delle sfide per il futuro ed è fondamentale costruire una rete per dare una svolta positiva al territorio.
Il primo relatore della giornata è stato Massimiliano Gaiatto, presidente del Consorzio Olio DOP Laghi Lombardi, che ha sottolineato di essere un olivicoltore sul lago di Como da 20 anni e che “bisogna pensare e trovare soluzioni per non vedere l’abbandono che ci circondava e che spesso incombe sulle rive dei laghi e l’olio è l’elemento tramite il quale creare le condizioni di valorizzazione. Mi è capitato spesso di sentir dire che abbiamo un prodotto di assoluta eccellenza ma non conosciuto fuori dal nostro territorio e questo è un limite che dobbiamo superare, perché è un elemento di debolezza. Significa che bisogna aprire ad esperienze diverse, è necessario cambiare approccio e non solo concentrarsi sul prodotto, ma anche la divulgazione, perché soltanto il produttore può comunicare la sua esperienza e la sua passione. Abbiamo bisogno di una visione moderna, disposta a comunicare. L’ovicoltore è custode di questo territorio e spesso non viene riconosciuto il lavoro e lo sforzo che fa, ma è necessario tenere presente che il territorio così come lo vediamo è bello anche perché c’è chi lo cura e lo tiene come un giardino. Non solo, perché è anche una messa in sicurezza delle nostre aree e dei nostri pendii, senza una coltivazione attiva ci troveremmo con molti più problemi anche legati agli agenti meteorologici che creano danni. Insomma, di strada da fare ce n’è ancora molta”.
A ruota l’intervento di Marco Antonucci, giornalista ed esperto internazionale di olio di oliva, con che ha messo subito sul piatto il confronto con il mondo del vino, che da tempo ha creato la sua strada. “L’oleoturismo sarebbe il naturale strumento di aggregazione del territorio così come lo è l’enoturismo. Nel mondo del vino la varietà è importante, perché i consumatori ritengono che ogni vitigno dia un differente ‘flavor’. E nel mondo del vino i piccoli produttori sono più quotati dei grandi produttori. Nel mondo del vino le persone sono interessate alla storia del produttore, dell’azienda e della vigna, perché non si può fare nell’olio? Non si riesce a trovare uno ‘stile italiano’, ci si focalizza su una presunta ‘tradizione’ che spesso è un metodo gentile per camuffare la parola ‘vecchio’, dove il passato è visto in stile nostalgico, mai critico. E questo non vuol dire rigettare in toto il mondo della tradizione. L’approccio alle piante da frutto ha subito una trasformazione a volte radicale negli ultimi 50/100 anni; ci si rende conto di ciò osservando per esempio la filiera dell’uva-vino, il cui processo odierno sarebbe irriconoscibile per un contadino di inizio novecento. Questo cambiamento però non è avvenuto nel mondo olivicolo, le pratiche agronomiche e le conoscenze per una moderna coltivazione dell’olivo ci sono e le azioni da intraprendere per mettere sul mercato il prodotto e trasformarlo in un guadagno sono note, ma spesso si preferisce seguire la tradizione che non è sempre sinonimo di corretta gestione del processo produttivo. Si dovrebbe superare quello stato di diffidenza acritica, che tra gli olivicoltori si riscontra in misura maggiore rispetto ad altre categorie, nei confronti delle indicazioni tecniche, economiche, scientifiche e storiche. Una diffidenza che è tra gli agricoltori, verso chi cerca di propagare nuove idee… manca l’unione tra gli olivicoltori. Questi hanno tanti interessi comuni e potrebbero, uniti, risolvere tanti problemi agricoli a loro vantaggio. È poi molto importante che il venditore sia informato, chi vende deve sapere esattamente cosa sta vendendo”.
Mariagrazia Bertaroli, presidente del Consorzio Turismo dell’Olio EVO, DOP, IGP e BIO, ha condotto la platea nell’importanza del turismo all’interno dell’azienda olivicola e il valore del paesaggio che lo genera: “Abbiamo dato origine a questo Consorzio nato da aziende per le aziende, dove i produttori sono i protagonisti, che hanno sentito la necessità di fare rete e quindi di associarsi per poter avere un reddito integrativo. Mi piace pensare al paesaggio, quello che c’è al di fuori dell’azienda, ma soprattutto pensare all’olivicoltore che è custode del territorio ma è anche custode della storia del territorio, deve essere colui che traghetta questa storia verso l’esterno. È necessario che le aziende possano diventare dei pivot virtuosi e molte azioni possono avere origine. Parliamo di turismo, nel senso di persone che vanno a visitare un luogo e vanno a conoscerlo, dove ci può essere qualcuno che conduce in questa esperienza, che è il fulcro nel turismo dell’olio. Ecco perché è importante farlo uscire dalla sfera del comodity, perché tutti lo usano, ma in pochi sanno di cosa si parla. La qualità del prodotto è fondamentale per fare turismo dell’olio, non serve solo un bel paesaggio, serve un prodotto di qualità. Parliamo di identità del territorio, che diventa paesaggio nel momento in cui si esce dalla proprietà dell’azienda. Purtroppo siamo individualisti ma come Consorzio stiamo creando delle reti territoriali. Noi siamo talmente abituati alla bellezza del territorio che la diamo per scontata, mentre chi viene da fuori se ne rende conto quindi bisogna tornare ad essere consapevoli, un po’ per preservarla ma anche per acquisire degli strumenti e per trasmetterla agli altri. Abbiamo come Consorzio abbiamo declinato l’adesione di alcune aziende che operano con un super intensivo, perché non è nelle nostre corde, la biodiversità è da preservare. Non ci deve essere qualcuno che detta delle leggi, ma un percorso fatto al fianco dei produttori per chi decide di mettersi in gioco e per essere aperti alla formazione, che è un passaggio fondamentale. Quanti produttori sanno raccontare il loro prodotto? Non bisogna essere assaggiatori per poterlo raccontare, bisogna però essere stati formati, usare le parole corrette a seconda delle persone che si hanno davanti, creare una storia, saperla raccontare. Serve qualcosa di immersivo, quando un turista viene in azienda è il fatto di fare insieme un’esperienza senza snaturarsi. Non dobbiamo pensare di far star bene la persona solo nel momento in cui viene a visitare l’azienda, l’importante è che poi possa replicarlo, lo possa trasmettere e replicare ad altri. Alcune idee potrebbero essere esplorare e conoscere l’uliveto con pic nic, passeggiate, eventi sportivi; far partecipare nella creazione di un prodotto unico che unisca più filiere; creare rete e valore sul territorio collaborando con realtà locali; aprire le porte dell’azienda durante fasi cruciali della produzione”.
A seguire Maria Paola Gabusi, capo panel Aipol 2 e organizzatrice Leone d’Oro International con una degustazione di quattro oli locali e internazionali per sottolineare quando sia fondamentale la qualità del prodotto. A chiudere la giornata non poteva mancare un tour in e-bike alla scoperta dell’olivicoltura del Sebino Bergamasco.