La letteratura, la ribellione, il suicido e quelle lettere mai pubblicate
Cesare Pavese & Fernanda Pivano. Il professore e l’allieva. All’inizio. Per finire poi in un rapporto completamente diverso. Che per Cesare Pavese era diventato amore.
Liceo D’Azeglio, Nanda era una studentessa, Cesare Pavese un supplente d’italiano. L’anno è il 1935. Pavese aveva carisma. Una storia d’amore, di parole, di lettere, di diari, di tanti no e pochi sì quella tra Cesare Pavese e Fernanda Pivano. Quando si ritrovarono nel 1938, Pavese sentì esplodere il suo amore per Nanda, un amore che trovò spazio quasi platonicamente, una passione che si trasformò in amore per la letteratura.
Ma Pavese voleva anche altro. Voleva Nanda per sempre. A lei dedicherà tre poesie: ‘Mattino’, ‘Notturno’ ‘Estate’ e anche e soprattutto per questo che Nanda, appena morto Cesare Pavese, non diede l’autorizzazione a Einaudi di pubblicarle, anche se in quel periodo sarebbe servito per lanciarla. Ma Nanda non voleva riflettori su quell’amore naufragato. Nanda che rifiutò Cesare Pavese perché innamorata dell’architetto Ettore Sottsass (con cui poi si sposò, un rapporto burrascoso e intenso che si concluse con la separazione).
Cesare Pavese era innamorato di quella ragazza diversa da qualsiasi altra ragazza, con quella voglia pazza di letteratura, quella passione infinita per il sogno e le parole.
Pavese era nato nel 1908 a Santo Stefano Belbo, un paese in provincia di Cuneo. Famiglia agiata ma vita non certo facile, il padre muore presto per un cancro al cervello, la madre è molto malata. Lui ha una brillante carriera universitaria ma ‘dentro’ sta male, e il suo dolore lo esprime nelle sue prime poesie. A differenza dei suoi amici è molto timido e si esprime meglio con le poesie, è poco più di un adolescente quando si innamora di una ballerina: hanno un appuntamento ma lei non si presenta, lui l’aspetta per ore sotto la pioggia, si ammala, prende la pleurite e rimane a letto per tre mesi. Un episodio che trova spazio anni dopo nella canzone “Alice” di Francesco De Gregori “Cesare perduto nella pioggia sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina. E rimane lì, a bagnarsi ancora un po’, e il tram di mezzanotte se ne va”.
Il maestro e l’alunna
Nel 1934/35 il ventiseienne Pavese è nominato supplente di italiano al Liceo D’Azeglio di Torino, lui che si è laureato con una tesi su Walt Whitman, lui che mastica inglese e lavora come traduttore. Tra i banchi del liceo c’è Fernanda Pivano che racconta quel primo incontro col quel professore ‘giovane giovane’ e “lo straordinario privilegio” di ascoltare Pavese mentre “leggeva Dante o Guido Guinizelli e li rendeva chiari come la luce del sole”, ricordando come avrebbe “passato ore ad ascoltarlo, con una voce che avrebbe fatto morire d’invidia qualsiasi attore. Somigliava vagamente a quella di Hemingway”.
Nel 1935 cambia la vita di Pavese: finisce in carcere, l’accusa è di antifascismo. Dopo il carcere finisce al confino per tre anni. Pavese scrive ‘Il carcere’ e racconta: “Inizio moduloùFine moduloSeduto davanti al sole della soglia ascoltava la sua libertà, parendogli di uscire ogni mattina dal carcere”….
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