LA STORIA: Giulia, donna, lesbica, insegnante: “Mi sento donna, di testa, di pancia, di emozioni. E amo le donne”

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Amiamo come gli altri e non abbiamo i diritti degli altri. Non chiedo la Luna, quella è concessa a tutti e non fa discriminazioni. Vorrei vivere la mia vita come una banalissima persona comune.

Chi può dire che non sarei in grado di amare in modo sano un figlio? Mio padre mi ha ringraziato…”

Diritti di fatto. Gay. Lesbiche. Sentinelle in piedi. Matrimoni. Adozioni. Pro e contro. Discriminazioni. Ostentazioni. Gay Pride. E molto altro. Non mi interessa la mia opinione. Nemmeno ce l’ho. Ma non m’interessa nemmeno quella di chi questa situazione non la vive. Che di opinioni ce ne sono troppe. Ma sono i protagonisti che vivono dentro, a ridosso e addosso del loro cuore e della loro anima. E così niente interviste a psicologici o psicoterapeuti o discussioni su Gender (che a dir la verità sembra più il nome di un videogioco) o altro. Ma dritti lì. Nel cuore di quello che per qualcuno è un problema, per qualcun altro non lo sarà mai e per chi lo vive è semplicemente vita. Giulia Lorenzi è lesbica. Che si dice ed è così. Senza tanti giri di parole. Che non ci si offende a sentirsi quello che si è. Giulia vive a Verdello, fa l’insegnante da anni, ed è la ‘Presidente’ di Donne di Cuori. Un’Associazione del territorio bresciano e bergamasco che “negli intenti – si legge così quando si apre il loro sito – vuole accogliere e condividere vissuti ed esperienze con donne che cercano un punto di riferimento e un confronto su tematiche femminili, e soprattutto, lesbiche. Il nostro modo di fare politica sarà quello di esserci, nelle piazze, tra la gente, mostrando i nostri volti e promuovendo la cultura LGBT in tutte le forme che ci appartengono, al fine di ricostruire un’immagine di noi, donne lesbiche, scevra da ogni tipo di pregiudizio”. E questa è la parte ‘tecnica’.

Entriamo in quella umana, che è quella che troppi dimenticano quando di mezzo ci sono le persone. “Mi chiamo e sono Giulia – comincia così a raccontarsi e a raccontare quello che è un mondo che anche a Bergamo si sta allargando ma sottotraccia, quasi si avesse paura di qualcosa che non si conosce – ma generalmente, al di fuori dell’ambito lavorativo e amicale mi si presenta come ‘la Presidente’.‘Lei è la nostra Presidente’, ‘Ti presento la nostra Presidente’.. mi si cuce male addosso, non lo vorrei. Io sono Giulia e l’unico motivo per cui sono Presidente di un’Associazione di donne lesbiche è perché vivo qui, in Italia. Il nome è importante, ci caratterizza fin dalla nascita. Se dovessi cambiarlo sceglierei Eva, donna, non Presidente. O Towanda, la giustiziera persecutrice degli oppressori nel film ‘Pomodori verdi fritti’. Mi si addicono di più”. Giulia è così, un fiume in piena, senza barriere: (…)

SU ARABERARA IN EDICOLA PAG. 3

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