Caterina Camanini racconta: Eugenio Kroll “internato libero” a Sovere. “Erano brava gente, lui era un artista famoso. Quella mattina sfuggirono all’arresto per un pelo”
(p.b.) Ha 95 anni, Caterina Camanini. Adesso abita a Castro, in una bella palazzina restaurata di fronte alla chiesa. Era la maggiore di tre figli di papà Mariano e mamma Teresa. Nel 1942, quando la famiglia Kron fu “assegnata” alla sua famiglia, aveva 21 anni (è del 1921), il fratello Mario era del ‘29 e la sorella Margherita del 1931, entrambi sono morti. A conservare la memoria di quell’evento è lei, Caterina, che fruga faticosamente nella sua memoria, anche se poi, a poco a poco i ricordi si fanno precisi. “Venne il Podestà a dirci che dovevano ospitare questa famiglia. A quel tempo non si poteva dire di no. Mio padre non era certo un simpatizzante del fascismo, anzi, in realtà era socialista, ma in quel periodo non è che uno poteva sbandierare le proprie idee, se non erano quelle fasciste. In casa c’era posto, assegnammo ai tre ospiti due stanze”. Per capire la situazione bisogna fare un passo indietro. Nel 1938 il regime emana il Decreto sulla “Difesa della razza”. Gli ebrei furono censiti paese per paese e internati in campi di concentramento. Nel giugno 1941, forse su pressione vaticana, molti furono trasferiti in vari paesi come “Internati liberi”. Non erano liberi però di uscire dal paese. A Clusone dal settembre 1941 arrivarono intere famiglie. Il 28 settembre arrivò la famiglia di Eugenio Kron con la moglie Maria Feldmann e la suocera Adele Lindner. Erano originari di Sobrance, una città prima ungherese poi diventata cecoslovacca dopo la prima guerra mondiale e poi di nuovo ungherese. Eugenio Kron era un pittore e incisore di vaglia ed era emigrato in Italia nel 1928 (sue opere sono in grandi musei in tutto il mondo). Eugenio Kron era stato arrestato a Milano nel 1940 e inviato al campo di internamento di Ferramonti (in provincia di Cosenza). Proprio a Ferramonti aveva sposato Maria Feldmann che era anche lei internata con la madre. E a Clusone arrivò anche un altro “internato libero”, Israel Szafran con la moglie Lilly Bratspiess, ambedue molto giovani, lui era un veterinario originario della Polonia. Era fuggito in Italia dopo l’invasione nazista del suo paese e aveva studiato all’università di Pisa. Anche lui arriverà a Sovere nel 1942. Perché nel marzo 1942 le autorità fasciste di Clusone intensificarono le proteste per “liberarsi” di quegli internati, rivendicando la qualifica di “comune turistico”. E ottennero di distribuire tutti gli “internati” in vari paesi. Fu così che anche la famiglia dell’artista Eugenio Kron arrivò a Sovere il 1 maggio 1942, in casa Camanini, in Via S. Rocco. “Io allora lavoravo al filatoio. La mamma e il papà li ospitarono volentieri, erano brave persone, parlavano poco, non volevano dare fastidio. I carabinieri arrivavano in casa ogni giorno a controllare, perché non potevano uscire dal paese senza un permesso speciale. Abbiamo fatto amicizia con loro”. Poi succede quello che la grande storia racconta…
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