“Love is the answer”, l’amore è la risposta. È la risposta a tante domande. “Come ti sei innamorata di lui?” è la prima domanda che mi passa per la testa. Noemi è donna, mamma, compagna. Innamorata. Nonostante mille difficoltà e ostacoli da oltrepassare. Noemi di cognome fa Bonesi, 31 anni, di Pian Camuno, un lavoro da cameriera, un carattere forte e un sorriso dolce. Fuori le temperature sono ancora gelide, ma dentro casa il cuore si scalda e a colorare l’atmosfera ci pensano i suoi tre figli. Innamorata, dicevamo. Di loro, certo. Ma anche di Stefano, fin da quando lui viveva… dietro le sbarre. E sono passati quattro anni. Il carcere di Brescia è stato la sua casa per diversi anni ed è stato il luogo in cui è scoppiato l’amore. Noemi abbraccia i suoi bimbi e poi si racconta tutto d’un fiato. “Io e Stefano ci conosciamo da una vita, abitavamo a 100 metri di distanza, lui ha 13 anni in più di me, uscivamo da ragazzini senza che nessuno lo sapesse poi ognuno ha fatto la propria vita e ci siamo persi di vista. Io mi sono sposata e ho avuto due figli, lui stava con la sua ragazza. Nel frattempo lui è stato arrestato e io mi sono separata. Dal carcere un giorno ha chiesto di me, come stavo e come stavano i miei bambini”.
E poi? “I suoi amici avevano saputo che stavo passando un periodo difficile e quando gliel’hanno riferito, lui ha voluto farmi avere il suo indirizzo del carcere. Non lo vedevo da una vita, non sapevo più niente di lui, cosa avrei dovuto scrivergli? Ho accantonato l’idea per qualche tempo, poi mi sono decisa, ho preso carta e penna e gli ho inviato la prima lettera”.
Cosa gli hai scritto? “Semplicemente come stava e come stava andando la vita in carcere. Da lì non abbiamo più smesso, ci raccontavamo del più e del meno, eravamo diventati amici di penna, anche perché io stavo con un’altra persona ed ero incinta. Insomma, mai avrei pensato che sarebbe andata così”.
Lettere che scrivevate a mano… “Sì e su ogni lettera spruzzavamo il nostro profumo. Le conservo ancora oggi chiuse in uno scatolone. All’inizio erano soltanto due o tre lettere al mese poi ho trovato il modo, tramite la posta, di farle arrivare più velocemente anziché aspettare quei quindici giorni che non passavano mai”.
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