LA STORIA “Quello che il Papa mi ha dato è un incarico più grande di me” Le confidenze di padre Fidenzio Volpi all’amica Margherita di Albino “Se è vero che è stato ucciso, è perché è andato avanti senza fermarsi. Il Papa gli aveva detto di fare qualcosa e lui non si è mai tirato indietro”

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di Angelo Zanni

Bondo Petello, frazione di Albino, nel cuore della Valle Seriana. Margherita Schena sta per raccontare la storia della sua lunga e stretta amicizia con un frate Cappuccino, ma l’emozione ha il sopravvento. Piange, Margherita, perché il suo amico è morto da quasi due anni.

Si tratta nientemeno che di padre Fidenzio Volpi, sulla cui morte (avvenuta il 7 giugno 2015) sono sorti sospetti degni di un romanzo di Agatha Christie , come raccontato in più occasioni dal nostro giornale nei mesi scorsi. A questo padre francescano, nato a Pianico nel 1939, il Papa aveva affidato un delicato incarico come commissario dell’Istituto dei Francescani dell’Immacolata. E’ così stata svelata una storia condita di crimini e di misteri, dove non mancano corruzione, camorra, violenze e morti sospette. Tra queste, c’è da annoverare anche quella di padre Fidenzio, di cui si sospetta addirittura l’avvelenamento (c’è un’indagine in corso).

Lei, Margherita, conosceva il frate fin dall’adolescenza, quando lui viveva e operava, facendosi apprezzare da tutti, nel convento di Albino; sono poi sempre rimasti in contatto, si scrivevano e si sentivano con lunghe telefonate.

Durante una di queste conversazioni telefoniche, avvenuta nel 2013, padre Fidenzio si era confidato con Margherita. “Quello che il Papa mi ha dato è un incarico più grande di me”. Queste le sue uniche parole sul delicato incarico affidatogli dal Pontefice.

Io – sottolinea Margherita – gli ho poi detto: ‘dì al Papa che hai ormai una certa età e dia questo incarico a qualcun altro’. Lui mi ha risposto che il Papa gli ha detto: ‘cosa dovrei dire io, con tutti i problemi che ho?’. Lui ha quindi accettato l’incarico per obbedienza”.

Obbedienza. Una parola che per padre Fidenzio era densa di significato. “Lui ha sempre creduto nell’obbedienza e se un suo superiore all’interno della Chiesa gli affidava un incarico, lo portava avanti fino alla fine, non guardando in faccia a nessuno e senza fermarsi davanti agli ostacoli. Se è vero che è stato ucciso – sospira Margherita – è perché è andato avanti senza fermarsi. Il Papa gli aveva detto di fare qualcosa e lui non si è mai tirato indietro”.

L’amica di Bondo Petello sfiora con la mano la copertina del libro “Verità e giustizia per padre Fidenzio Volpi”, scritto dalla nipote del sacerdote, Loredana Volpi, e da Mario Castellano, consulente e collaboratore nei lunghi mesi dell’incarico di commissario dei Francescani dell’Immacolata. “Io lo sto leggendo con fatica. Soffro leggendo del modo in cui il mio ‘Fido’, così chiamavo padre Fidenzio, è stato trattato, lasciato solo e magari anche ucciso. Credo in quello che scrive sua nipote, ai sospetti di avvelenamento, ma lui a me non ha mai detto niente. L’unico accenno è stata quella frase del 2013 sull’incarico ‘più grande di me’ che gli aveva affidato il Papa”.

Margherita si asciuga gli occhi e riavvolge i fili della memoria. Torna col pensiero ai suoi primi incontri con l’allora giovane frate. “Avevo più o meno 15 anni e frequentavo l’Oratorio, partecipando anche ai vari incontri per gli adolescenti. E’ in quell’occasione che l’ho conosciuto. Mi ha immediatamente colpito il suo modo di parlare, la sua voce schietta, la profondità dei suoi discorsi; era bravissimo e mi ha impressionato il suo timbro di voce”. Siamo alla fine degli anni Sessanta e padre Fidenzio ha circa 30 anni. Rimarrà ad Albino dal 1966 al 1979 come educatore, insegnante al Seminario dei Cappuccini e come guardiano (cioè superiore) del convento.

Io e mio marito Antonio ci siamo sposati nel 1977 e l’anno prima abbiamo partecipato ai corsi prematrimoniali; li teneva padre Fidenzio ed ho voluto farmi sposare da lui, gliel’ho chiesto e mi ha detto sì. Ci ha sposati di lunedì, a luglio, ed ha fatto una predica che è rimasta nella memoria e nel cuore di tutti”. Quegli anni albinesi rappresentano il cemento dell’amicizia tra “Fido” e “Marghe”. “Mi chiamava così, oppure ‘sorella’ e in effetti per me lui è sempre stato come un fratello. Mi è stato vicino nei momenti di difficoltà, mi ha consigliato, dopo aver celebrato il mio matrimonio ha battezzato i miei figli Silvia e Andrea; ha pure celebrato il mio 25° anniversario di matrimonio. Per me era un amico, un fratello, un padre spirituale”.

“Marghe” si commuove. “Fido” ha poi lasciato Albino e i suoi superiori nell’ordine francescano l’hanno trasferito a Milano ed a Varese. “Gli avevo chiesto: ‘perché vai via che qui ad Albino c’è tanto bisogno di te? Le giovani coppie e le famiglie hanno bisogno del tuo sostegno’. Lui però diceva, come sempre, che doveva obbedire”. Obbedienza. Il legame non si è però spezzato e i due continuano a sentirsi al telefono, si scrivono. “Siamo andati a trovarlo e anche lui, quando tornava nelle nostre zone, veniva a farci visita. E’ poi andato a Roma per incarichi sempre più importanti e delicati e siamo andati a trovarlo anche laggiù. Lui mi diceva sempre: ‘io ci sono sempre per te’. Qualche volta ci faceva la sorpresa e veniva a trovarci senza avvisarci prima. Suonava il campanello e quando lo vedevo gli andavo incontro, lo abbracciavo e lo baciavo. Mia mamma – sorride Margherita – mi diceva: ‘cosa fai? E’un frate’, ma Fido era un fratello per me”.

Il frate è sempre sereno e solare nei suoi colloqui telefonici, ma alcuni mesi prima della sua morte, Margherita capisce che c’è qualcosa che non va. “A Natale l’ho sentito al telefono e ho capito che c’era qualcosa che non andava. L’ho poi risentito in seguito ma lui ha detto: ‘va tutto bene Marghe’. Tre o quattro settimane dopo mi hanno detto che era morto. Ma come è possibile?”.

Quando l’ha sentito per l’ultima volta? “Poche settimane prima che morisse. Si capiva che era malato, perché la sua voce non era più squillante come prima. L’ultima frase che mi ha detto è stata ‘ti voglio bene’; quelle sono state le sue ultime parole che ho potuto sentire”.

Non l’ha più incontrato dopo l’incarico di commissario dei Francescani dell’Immacolata? “No, ci sentivamo al telefono ma non ci siamo più visti. Un giorno mi ha detto di non entrare in internet digitando il suo nome, perché veniva insultato”.

Contro padre Fidenzio era infatti partita una dura campagna mediatica di delegittimazione da parte di alcuni siti legati all’ambiente su cui il frate stava facendo i controlli per conto del Papa.

La famiglia Volpi è convinta che lui sia stato ucciso. “Sembra una cosa impossibile, ma probabilmente è andata così, anche se sembra di leggere un romanzo giallo”.

A volte la fantasia supera però la verità, quella verità che su padre Fidenzio deve ancora essere scritta da inquirenti e magistrati.

Dovrebbero riesumare il suo corpo e forse sarebbe l’occasione per portarlo qui ad Albino. Fidenzio ha vissuto in vari posti ma ha sempre detto che il suo cuore era rimasto ad Albino. Avrebbe voluto passare la sua vecchiaia ed essere sepolto qui. Sarebbe il caso di fare una raccolta di firme per farlo portare qui ad Albino, dove c’è ancora tanta gente che gli vuole bene”.

Margherita termina il suo racconto, lancia uno sguardo triste verso la fotografia che raffigura lei e suo marito nel giorno del matrimonio; insieme a loro, immancabile, padre Fidenzio, il suo “Fido”, l’amico e fratello che un destino crudele le ha portato via.

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