LA STORIA Leffe e Peia La Bottega di Maria Mea, dai bofetì al cartoccio di zucchero ai caagnoi: Leffe e Peia visti dalla vecchia bottega di paese. La nipote Mariolì e le domeniche al Cinema Centrale

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Bruna Gelmi

La bottega di Maria Mea stava lì, proprio fuori dalla Chiesa Parrocchiale di San Michele Arcangelo in Leffe, faceva angolo con la Piazza Italia e la Via San Michele, di fronte c’era il maestoso palazzo della Sciura Lisa, e più precisamente il chiosco dell’Edicola Pezzoli e la Macelleria dei coniugi Bosio Giacomo e Rosina. Anche l’Oratorio era lì vicino, dove ora c’è il Cinema Centrale, l’attuale Oratorio di San Martino non era ancora stato costruito. La bottega era perciò centralissima e molto frequentata dalla gente, soprattutto donne, ragazzi e bambini. Maria Gelmi, nata a Leffe l’undici agosto 1889, intorno al 1920/1925 sposa Giovanni Gelmi (della famiglia Mea), avranno un solo figlio che purtroppo morirà in tenerissima età. I coniugi Gelmi aprirono subito la bottega (che forse però era già stata avviata prima del matrimonio da Giovanni). Maria, rimasta vedova, condurrà poi da sola l’attività. Per entrare nella bottega, al civico uno di Via San Michele, si scendevano due scalini di pietra (forse uno?), il locale infatti era posto poco sotto il livello stradale, erano due stanze nemmeno tanto grandi, la prima adibita alla vendita, l’altra adiacente a magazzino. Sotto la volta della prima stanza c’era dipinta una colomba con i raggi, simbolo dello Spirito Santo, questo simbolo era inciso anche sull’arco in pietra della porta d’ingresso, probabilmente nei secoli precedenti si suppone che lì vi fosse la sede di una Confraternita dello Spirito Santo. C’era poi una finestrella che guardava la macelleria Bosio, e lì Maria esponeva alcune delle sue molteplici e svariate merci. Era una donna piuttosto austera, quasi sempre vestita di colori scuri quali il blu, il grigio ed il nero, i capelli divisi a metà sulla fronte e raccolti dietro la nuca in una crocchia, era sveglia ed intelligente, aveva una mente acuta e sapeva far di conto senza carta e penna. Quella bottega per noi ragazzi degli anni cinquanta era un richiamo quasi magico: non appena avevamo cinque o dieci lire ci precipitavamo lì a comprare qualche caramella e poi via di corsa a giocare in strada. Per rendere l’idea di cosa si vendesse in quella bottega d’altri tempi ho cercato di stilare una specie di inventario, suddiviso per categorie merceologiche, diversamente non avrei saputo come fare; state un po’ a vedere e scusatemi se ho dimenticato qualcosa…

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