LEFFE – ‘Vapore’ che ha portato i fuochi in paese: “La cascina sul Monte Beio, la Fiat Giardinetta, le 10 campane e quei 100 colpi a salve”

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“Il fuoco d’artificio sale in alto,
come una scia che si infila nella fessura dell’aria.
Poi i colori esplodono, illuminano la terra e il cielo
e franano in basso.
La loro luce scende come una fontana,
un’acqua artificiale”.
(Fabrizio Caramagna)

Sono tornati. E hanno ancora una volta incantato tutti. Giorno di San Rocco, 16 agosto, per anni imperdibile appuntamento per la Valle Seriana e dintorni. Poi il covid. E ora il ritorno. Come sempre suggestivo e da pelle d’oca. Ma i fuochi a Leffe sono arrivati grazie a ‘Vapore’ e la storia di ‘Vapore’ la racconta qui in modo meraviglioso Giuseppe Carrara, ex sindaco e penna che incanta.

 

Giuseppe Carrara

“Nel giorno di San Rocco, pubblico la storia di “Vapore”, colui che diede inizio allo “Spettacolo pirotecnico” dei fuochi d’artificio.

Il racconto è della figlia Maria Rosa Zenoni..

Un ringraziamento particolare ai figli e nipoti che continuano a portare avanti la tradizione in particolare a Bepy!

….

Ho un lontano ricordo di quand’ero bambino.

D’estate passavo tre mesi in una cascina sopra la località di San Rocco di Leffe, sul Monte Bejo.

Il 16 agosto arrivava il Santo patrono; non sul suo cavallo, ma attraverso la luce dei lumini che illuminavano il cielo.

San Rocco, dall’alto, si sarà di certo goduto questo spettacolo.

Ogni casa ne accendeva 100 di quei lumini; ogni casa illuminava un pezzo di cielo.

Ogni pezzo di cielo, insieme agli altri pezzi, dava vita ad un quadro.

In quell’opera d’arte c’era raffigurato San Rocco, a cavallo, e “Vapore”, davanti alle campanine, che suonava le note per accogliere il suo arrivo.

Il 27 novembre del 1913 è una data molto lontana.

Nella famiglia Zenoni nacque un certo Arturo Francesco.

Il suo nome resterà quasi un mistero; da tutti sarà conosciuto come “Vapore”.

Nella sua infanzia e giovinezza non conobbe altro che guerra e privazione di libertà.

Durante il “regime”, Vapore si sentiva oppresso; e così, ad ogni manifestazione, saliva sul campanile, per sfuggire a quelle “sfilate da parata militare”.

Dentro quello “Stato” vapore non si sentiva libero e felice.

E così, sarà stato che in cima al campanile, avrà voluto liberarsi di quel peso per volare nel vento, un po’ come il vapore.

Guardava giù e capiva che non era il mondo che avrebbe voluto per la sua vita, per i suoi figli ed i suoi compaesani.

Vapore amava improvvisare la sua musica; non amava le cose precostituite; amava la libertà, la spontaneità, la felicità.

La figlia Maria Rosa lo descrive come un “produttore di endorfine”. (Sostanza prodotta dal cervello se stimolato dalle “belle sensazioni”).

Fu la prima delle figlie, ed ereditò il nome delle due nonne.

Prima di lei vennero alla luce Bepy, Luciano e Adriano.

Chissà che gioia per Vapore; ma soprattutto per la madre Venturina, dalla quale nasceranno poi Ave, Nazzareno e Jimmy.

Di Nazzareno ne era già nato uno; ed insieme a Raffaella era salito in cielo in tenera età.

Nove figli potevano quasi bastare per mettere in piedi una bella orchestra.

Al comando delle operazioni c’era sempre lui: Vapore.

Ma in regia c’era sempre lei, come ogni vera donna di un tempo: Venturina, la moglie e madre dei nove figli di casa Zenoni.

Non basta un racconto per descrivere la vita di quell’angolo di via Mosconi, da dove usciva una musica che rallegrava tutto il paese di Leffe….

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