Legambiente e il Parco Ovest 2: “L’amministrazione valuti come tutelare l’area”

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Legambiente Bergamo - Parco Ovest 2
foto Bergamonews

La questione relativa alla riqualificazione del Parco Ovest 2 tra i quartieri “Villaggio degli Sposi e “San Tomaso” a Bergamo torna a far discutere.

“Qualche anno fa – spiega Legambiente Bergamo -, intervenimmo al “percorso partecipato” su Porta Sud: tre incontri in cui vari attori presentavano la loro opinione sulla trasformazione di Porta Sud che si voleva avviare. Il nostro intervento sottolineava come, dopo tanti anni di abbandono, in quell’area si fossero formati degli habitat nuovi, di buona naturalità, e prima dell’intervento chiedevamo che si procedesse ad uno studio della fauna e della flora presenti.

Il Masterplan di Porta Sud pare non aver preso molto in considerazione questa richiesta e quindi non sapremo mai quale impatto avrà sulla biodiversità cittadina questo intervento e quali strategie compensative verranno messe in atto. Del resto l’atteggiamento verso questo tipo di richieste è spesso di sufficienza, come se fossero manie da “fanatici”, ma l’emergenza in cui ormai ci troviamo ha dimostrato largamente quanto avessimo ragione: la biodiversità va preservata, è un bene che non si può più ignorare.

E invece non rientra mai negli orizzonti progettuali di questa città, visto che lo stesso problema si pone nel progetto che riguarda il Parco Ovest 2. Il progetto viene considerato conforme al PGT senza pensare al fatto che il PGT è stato approvato nel 2010, più di 10 anni fa, e che gli studi naturalistici preparatori sono ancora più vecchi.

Per fortuna, negli anni che sono intercorsi, il FAB – Flora Alpina Bergamasca, nota e meritoria associazione cittadina, ha provveduto a colmare questa lacuna e ha reso noti i risultati del suo lavoro nella pubblicazione FLORA SPONTANEA DELLA CITTÀ DI BERGAMO, UN ATLANTE AD USO DI CITTADINI, TECNICI E AMMINISTRATORI, edito nel 2015.

È diventato, pertanto, di pubblico dominio il fatto che nell’area sono presenti numerose ed importanti stazioni di specie rare e rarissime.

“…il paleoalveo del Morla conserva ancora una ricca flora igrofila. Si tratta dell’area agricola […] che inizia ai prati posti tra via Moroni e la ferrovia all’altezza del Villaggio degli Sposi e termina al confine con Stezzano, presso il Morletta, per lunghi tratti ben delimitata da basse ma evidenti scarpate che movimentano gradevolmente una zona altrimenti del tutto pianeggiante.

Particolarmente preziosi, nella porzione più settentrionale dell’area, l’esteso cariceto a Carex acutiformis e il prato intriso che ospita ricchissime stazioni di Cardamine matthioli ed Eleocharis palustris, oltre a Galium palustre e Mentha aquatica che hanno trovato solo qui le condizioni per sopravvivere.”

Come si può vedere dal sito FAB dedicato alla flora (https://app.floralpinabergamasca.net/), Cardamine matthioli (specie C2, a raccolta regolamentata, nell’elenco della flora protetta secondo la legge regionale n 10 del 2008) è presente nella pianura bergamasca con solo sette stazioni, Eleocharis palustris (specie C1 di cui è vietata la raccolta) solo con tre e Galium palustre (C2, a raccolta regolamentata) con quattro.

Altre specie significative degli ambienti umidi ospitate nell’area sono Alisma plantago-aquatica, Carex hirta, Juncus inflexus, Lycopus europaeus, Lysimachia nummularia, Lythrum salicaria, Phalaris arundinacea, Phragmites australis, Scrophularia umbrosa, Senecio erraticus, Sparganium erectum, Stellaria aquatica, Typha latifolia, Valeriana officinalis e Veronica anagallis-aquatica.Secondo i naturalisti del FAB la costruzione dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII e, soprattutto, dello sciagurato albergo posto a Nord hanno fanno scomparire aree umide importantissime per flora e fauna, tanto che quella del paleoalveo del Morla rappresenta ormai l’ultima vestigia di un’ampia fascia umida, seppur non continua in superficie, che bordava tutto il confine meridionale della città.

È curioso che si sia ricominciato a parlare di quest’area proprio sul finire del 2020 – anno della biodiversità – e riteniamo che sia importante che l’amministrazione, in collaborazione con l’operatore privato – nello spirito delle convenzioni internazionali sul rispetto della diversità biologica e della normativa che ne è derivata – si attivi per verificare puntualmente le specie animali e vegetali presenti e le conseguenti azioni attive e passive necessarie per la loro conservazione.

La normativa esistente precisa la possibilità di intervento della sovrintendenza qualora venga esclusa in concreto – nel contraddittorio con i privati – la possibilità di effettuare l’intervento edilizio con modalità diverse e meno impattanti. E riteniamo essenziale, pertanto, che tale contraddittorio sia arricchito da un lavoro di indagine puntuale che permetta di capire cosa è necessario fare per tutelare l’area. Azioni che non sono state fatte nel “percorso partecipato” sino a qui condotto.

Ricordiamo anche che l’onere dello studio di dettaglio che verifichi la presenza delle essenze e le modalità per la loro miglior conservazione è necessario anche per capire i costi che l’amministrazione andrebbe ad assumersi qualora quest’area, come previsto, entri nelle disponibilità del Comune di Bergamo una volta finito l’intervento edificatorio”.

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