L’INTERVISTA AL VICE PRESIDENTE DEL SENATO Roberto Calderoli: “Ho sconfitto il cancro”. Il nonno “autonomista”. La Lega di Bossi e quella di Salvini

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L’exploit della Lega alle Europee ha il volto di Matteo Salvini ma dietro ci sono anime e corpi che hanno fondato e lavorato per il Carroccio per decenni, l’hanno fondata e vista cambiare e crescere. Il più longevo sul fronte parlamentare si chiama Roberto Calderoli, da una vita eletto e rieletto, attuale vicepresidente del Senato. Sua moglie, Gianna Gancia è appena stata eletta, sempre per il Carroccio, al Parlamento europeo.

Calderoli sorride, al netto delle polemiche che hanno attraversato lui e il Carroccio in questi anni, lui è abituato alle battaglie, l’ultima che ha combattuto è stata la più difficile, e non riguarda certo il Parlamento Europeo.

Si chiama cancro. Roberto Calderoli di malattie se ne intende, per forza, è medico.

Il nonno autonomista

Un ricordo personale: suo nonno era il medico del Seminario e in seconda liceo mi curò per un attacco devastante di reumatismi o roba del genere, un mese a letto con robuste dosi di penicillina. Lo ricordo anche per il suo cavallo di battaglia, quella contro l’asportazione delle tonsille con la sua frase che era diventata per noi studenti una sorta di divertente tormentone. “Tóle mia fo se no te dièntet ècc e balóch”.

Calderoli sorride. “E’ vero, mio nonno era fissato con le tonsille. Pubblicava libri a sue spese dedicati alle… tonsille, dove consigliava di non toglierle, lui era così. Ricordo una sua profezia su Carlo d’Inghilterra che non sarebbe mai diventato Re perché gli avevano tolto le tonsille… Arrivava a dire che si diventava come un cappone… Era un personaggio ed è da lui che ho imparato la politica, la voglia di mettersi in gioco per gli altri. Nel 1956 mio nonno era stato eletto consigliere comunale per un gruppo autonomista bergamasco (era il periodo in cui mettevano le bombe sotto i tralicci, quelli dell’Alto Adige), si ritrovavano in via XX Settembre e progettavano un’Italia confederata, a quei tempi…”.

Altri tempi, allora, da precursori o da… eretici: “Fatto sta che l’idea e la voglia autonomista l’ho imparata lì. Poi anni dopo sono arrivati i manifesti della Gallina dalle Uova d’Oro, dei primi manifesti della Lega, sono cresciuto col senso di autonomia, mi è entrato nel dna”.

Calderoli gli inizi della Lega se li ricorda bene, uno dei pionieri del Carroccio, altri tempi, altri obiettivi, altre strade. Appunto, le strade, ricordo le prime scritte gigantesche su certi tornanti “Lega Lombarda” e non si capiva cos’era. “Sì, a metà anni ’80 sono cominciate ad apparire le prime scritte sui muri inneggianti alla Lega Lombarda. Sembrava tutto parte di una poesia dialettale, c’erano persone che si riunivano sul lago di Varese, avevano a cuore il dialetto, hanno cominciato a pubblicare le poesie dialettali, tra loro c’era anche Umberto Bossi. Poi dalla poesia ci si è spostati quasi subito sul discorso politico, cominciavano i primi movimenti autonomisti, in Val d’Aosta, in altre regioni. Sono cominciati a girare i primi giornalini, i primi pieghevoli, l’idea di autonomia cominciava a farsi sentire. Mia sorella poi ha sposato Giacomo Bianchi, il primo consigliere provinciale a Varese della Lega Lombarda. E così anch’io ho cominciato a muovermi bene, dentro quei movimenti”.

La passione fa il resto e nel 1990 Calderoli viene eletto in consiglio comunale a Bergamo. Comincia l’era Lega. Anche in consiglio provinciale, sempre a Bergamo vengono eletti ben 9 consiglieri leghisti (su un totale di 36). Ricordo che i partiti tradizionali erano rimasti spiazzati, non era ancora arrivata la buriana che avrebbe travolto la cosiddetta prima Repubblica, ho avuto al tempo un buon rapporto in particolare con Marco Sisana, che poi diventerà sindaco di Seriate. Da allora è cambiato il mondo politico, tu sei diventato un punto di riferimento per le riforme costituzionali, sei stato Ministro, sei vice presidente del Senato… E a proposito di Provincia, le volete ancora o no?

Le Province

“Sono stato io che ho ridotto il numero di consiglieri comunali e provinciali. Per le Province adesso non c’è più l’indennità di funzione, perché chi diventa consigliere provinciale l’indennità ce l’ha già come sindaco, ma è meglio avere consiglieri provinciali sindaci che si intendono di strade, scuole ecc. Quando si va in giro si trova di tutto, scuole col soffitto sfondato… ci vuole gente competente che sa di che cosa parla. Ma adesso per le Province basta elezioni così, di secondo livello (i consiglieri e il Presidente, tra l’altro con scadenze sfalsate, li eleggono i sindaci e i consiglieri comunali – n.d.r.), facciamoli eleggere dai cittadini, la gente non sa nemmeno chi è il presidente della Provincia”.

Le Leghe

Torniamo alla Lega dei primi tempi: “Sono entrato ufficialmente in consiglio comunale a Bergamo nel ’90, quando è nata la Lega Lombarda, non esisteva ancora la Lega Nord, quella è nata quando hanno messo insieme la Liga Veneta e la Lega Piemontese”. La Liga Veneta vi precedeva: “Era nata 4 o 5 anni prima, poi abbiamo eletto un parlamentare, siamo partiti così. E non ci siamo più fermati. I rapporti con i cosiddetti vicini autonomisti, dai Veneti ai piemontesi, sono sempre stati buoni, anche se loro all’inizio pretendevano una primogenitura, però devo dire che il ruolo da leader di Bossi non è mai stato posto in discussione, l’operazione Lega Nord è stata condivisa da tutti, anche dalla Liga Veneta”.

Nel 1992 sei entrato in Parlamento: “Era l’ultima volta che si votava col sistema vecchio delle preferenze, proporzionale puro, il Mattarellum venne invece usato nel 1994. In quella prima tranche di vita parlamentare ero presidente della commissione sanità. Nel ’95 una scissione, per alcuni dolorosa, alcuni leghisti non volevano andare con Berlusconi, gli tolsero la fiducia”. Periodo di discussioni, incontri e anche qualche scontro, quando si comincia a crescere è inevitabile: “Era un periodo di personalità forti, c’era Farassino in Piemonte, il chansonnier (Gipo Farassino, 1934-2013, cantautore, fondatore di “Piemont autonomista” nel 1987 dopo essere stato militante del PCI, parlamentare ed europarlamentare – n.d.r.), in Veneto Rocchetta (Franco Rochetta, fin dagli anni ‘60 sostenitore e fondatore del movimento autonomista della Liga Veneta – n.d.r.), nascevano tante sezioni, c’era voglia di fare, e c’era bisogno di un coordinamento, la Lega era cresciuta moltissimo, anche come numero di sezioni, diventava quindi importante avere un coordinamento”.

Le leggi “bruciate”

E diventi coordinatore federale di tutti questi movimenti sparsi nelle varie regioni: “Sono un appassionato di regolamenti, amo la Costituzione, quando fu il momento di sostituire Bossi, dopo il malore che lo ha colpito, mi hanno chiesto di farlo io, di prendere il suo posto. Io volevo fare altro, ho fatto altro, ho preso in mano le leggi italiane e ho messo in atto una… terapia intensiva, ho sfrondato le leggi, ne ho abolite 450.000….

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