L’INTERVISTA – Il Colonnello Carlo Calcagni, distrutto dall’uranio, 300 pastiglie al giorno e la sua forza d’acciaio: “Ho vinto tutte le gare che ho disputato ma la Nazionale disabili ha paura di me…niente Paralimpiadi”

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Il vento soffia forte, il Colonnello del Ruolo d’Onore Carlo Calcagni fatica ma non si ferma, perché lui è abituato ad andare controvento, a lottare contro tutto e tutti.
Il suo “MAI ARRENDERSI” è uno stile di vita!

La storia di Carlo Calcagni è rimbalzata alle cronache nei giorni scorsi grazie a un servizio de “le Iene”:
La storia del colonnello Carlo Calcagni, vittima dell’uranio – Le Iene – https://www.iene.mediaset.it/video/colonnello-carlo-calcagni-vittima-uranio_1060067.shtml

Lui, pilota di elicotteri, in Bosnia, anno 1996, missione internazionale “cosiddetta” di pace, contaminato dall’uranio impoverito. Ma non è solo questo, c’è dell’altro, molto altro, una storiaccia di quelle da far accapponare la pelle, e riguarda lo sport dei disabili, quello sport che i vertici del mondo paralimpico osano definire “sport per tutti” ritenendolo un importante mezzo di “inclusione” e fondamentale per il “recupero psico-fisico della persona disabile”.
In questi giorni, in Portogallo, si sono svolti i campionati del mondo di ciclismo paralimpico, ma Calcagni è rimasto a casa, in attesa di risposte, risposte che non arrivano, nemmeno ai suoi legali. Tutti lasciano passare “tempo”, quel tempo che per chi, come Carlo, vive una malattia cronica, degenerativa ed irreversibile, ha un valore ben diverso!
Ancor peggio è pensare che non sarà convocato in Nazionale per rappresentare l’italia alle prossime Paralimpiadi che si terranno ad agosto a Tokyo.

Cominciamo. Carlo vive in provincia di Lecce, 53 anni, si arruola nell’Esercito a 19 anni, paracadutista, poi pilota di elicotteri, fino a diventare istruttore di volo, partecipando a missioni internazionali di pace un po’ ovunque, missioni in Turchia, Albania, Bosnia, Italia:
“Ho lavorato a fianco dei magistrati per due anni, subito dopo la strage del giudice Falcone e della sua scorta, poi varie calamità naturali, dall’alluvione di Sarno a molte altre emergenze sul territorio nazionale e attività di ordine pubblico: Vespri Siciliani, operazione Riace e Partenope. Non tutti sanno che noi piloti garantiamo assistenza 24 ore su 24: in ogni reparto di volo c’è sempre un equipaggio pronto a partire, dal trasporto organi, al plasma, ai traumatizzati. La gente pensa che noi ci addestriamo solo per fare la guerra, ma siamo noi i primi che ci adoperiamo ed imprgnamo per la pace ed è proprio per questo che tanti, come me, si sacrificano o perdono la vita per il bene degli altri”.

Arriviamo al 1996, quando Carlo era Capitano:
“Primo Contingente Italiano della Forza Multinazionale di pace in Bosnia-Erzegovina, avevo 28 anni, ero l’unico pilota di elicotteri, ero un Capitano con tanti sogni e tanta voglia di fare. A 20 anni ero già pilota, subito dopo gli studi al Liceo Classico. Nato in Germania da genitori che hanno lavorato per 13 anni nelle industrie tedesche, sono arrivato in Italia a 6 anni e ho iniziato direttamente dalla seconda elementare. A 19 anni ero già un ufficiale paracadutista della Folgore. Ho sempre sentito forte il desiderio di essere al servizio della collettività, di aiutare gli altri e salvare la vita alla gente, semplicemente mettendo a disposizione il mio esempio e ed il mio impegno”.

Una Missione di Pace, quella nei Balcani, che conta oltre 7000 soldati malati e circa 400 morti… tanti…troppi:
“E nessuno ne parla, nemmeno chi vive la malattia, perché hanno paura di un sistema che schiaccia, che distrugge, fisicamente e moralmente. Ecco perché io sono in prima linea, mettendoci sempre la faccia, nome e cognome, cercando di dare voce a tutti ed è per questo che sono diventato un simbolo ed un riferimento per queste famiglie che, spesso, sono dimenticate e abbandonate al proprio triste destino. Questa lunga battaglia mi ha portato ad essere nominato “consulente esperto” della Commissione Parlamentare d’inchiesta sull’uranio impoverito e “consulente” al tavolo tecnico, istituito presso l’Ispettorato di Sanità Militare dal Ministro della Difesa Elisabetta Trenta”.

Già: “In quella missione vedevamo in azione militari degli Stati Uniti d’America che operavano con tute speciali, maschere e, addirittura, respiratori a circuito chiuso. Non ci siamo chiesti come mai noi non fossimo stati equipaggiati con le stesse protezioni, poiché era consuetudine pensare che gli americani avessero un equipaggiamento diverso dal nostro soltanto perché loro avevano l’abitudine di fare le cose in grande. In realtà, loro erano stati avvisati dei rischi ambientali e di contaminazione, noi no! I vertici militari e politici sapevano, ma hanno volutamente taciuto”.

Perché non vi avevano avvisato?
“Probabilmente, hanno sottovalutato il problema. E’ certo che non avevamo l’equipaggiamento necessario ed indispensabile per operare in quel contesto, salvaguardando la nostra salute, protezioni che avremmo dovuto avere e che non hanno acquistato, né fornito, neanche successivamente. Il governo Italiano aveva già preso l’impegno di mandare 3000 uomini nei Balcani e ha mantenuto fede solo alla promessa fatta alla NATO, senza considerare minimamente alla salvaguardia dei propri uomini”.

Il Colonnello racconta e racconta: “Noi non vogliamo colpevoli, ma vogliamo i responsabili. Ancora oggi continuano a negare quello che è sotto gli occhi di tutti, non hanno il coraggio di assumersi le proprie responsabilità e di chiedere “SCUSA”. Alla mia richiesta di accesso agli atti, hanno negato i documenti, hanno perfino negato che io abbia volato in Bosnia, dichiarando il falso e nascondendo tutto sotto il Segreto di Stato, peccato che ci sono foto e documenti che testimoniano il contrario ed oggi anche una condanna del TAR Lazio, contro il Ministero della Difesa, lo conferma. Quando nel 2005 ho avuto il riconoscimento della dipendenza da causa e fatti di servizio per le gravi infermità sofferte e causate proprio dall’attività svolta nei Balcani, che mi ha portato al riconoscimento di una invalidità permanente del 100%, hanno pure fatto documenti falsi per non concedermi il risarcimento del danno e non creare un precedente che avrebbe cambiato, già nel 2007, tutto lo scenario riguardante i danni da uranio impoverito. L’Avvocatura dello Stato di Lecce che doveva emettere un parere sulla risarcibilità del danno, nel 2007, ha chiesto maggiori informazioni sull’attività svolta nei Balcani ed il Ministero della Difesa aveva, prontamente, risposto che io non avevo effettuato alcuna attività di volo nei Balcani. Peccato che ricevo risposta, con un parere negativo, 13 anni dopo. Le risposte arrivano dopo lunghi anni d’attesa perché aspettano che, nel frattempo, l’avente diritto muoia, cosa purtroppo molto frequente per i contaminati da uranio impoverito. Oggi, nonostante io sia riuscito a dimostrare tutta la verità, non cambia nulla e questa cosa mi fa star male e mi indigna veramente”.

Carlo rimane in silenzio, la sua voce è rotta dall’emozione. “Ma devono sapere che io non mi piego, anche se adesso sto subendo l’ennesima ingiustizia: mi impediscono di andare alla Paralimpiadi”.

Già. Perché qui comincia un’altra storia, quella che vogliamo raccontare, perché riguarda da vicino anche il nostro territorio, ma qui ci vuole ancora un passo indietro, per far capire meglio come vive Carlo Calcagni, l’uranio impoverito è altamente tossico e radioattivo:
“Specifici esami hanno dimostrato la presenza, nei miei organi, di quantità elevatissime di 28 metalli pesanti, tra cui l’uranio radioattivo e altissimi livelli di cesio radioattivo, addirittura valori più alti rispetto a chi è stato esposto alle radiazioni di Chernobyl”.

Carlo parla con l’ossigeno attaccato, ma si muove comunque e si allena ogni giorno: “Mielodisplasia, cardiopatia, sensibilità chimica multipla (MCS), fibrosi polmonare, con una grave insufficienza respiratoria, e tanto altro…”.

Giusto pochi giorni fa il Colonnello è stato ricoverato in ospedale per una grave urgenza che ha richiesto l’intervento di un elicottero del 118: “Mi si è rotto il catetere giugulare, e così è entrata aria che è finita nel cuore: embolia gassosa che ha causato una fibrillazione atriale e conseguente collasso. Ma quello che mi rende tutto più difficile è una polineuropatia cronica, degenerativa e irreversibile, con parkinson”.

Un calvario infinito: “Comincio al mattino con le terapie e finisco al mattino dopo”, un via vai di furgoni che consegnano medicine a domicilio, come i due grandi bomboloni di ossigeno, ogni settimana, proprio dall’ossigeno non si può staccare mai: “La notte sono obbligato a dormire con il ventilatore polmonare, poi capita che mi sveglio mentre mi sento soffocare”.

Eppure, nonostante tutto questo, il Colonnello Carlo è un concentrato di energia e di forza di volontà, corre in bici ed era a un tiro di schioppo dalle Paralimpiadi di Tokyo, quel tiro di schioppo che qualcuno ha volutamente dirottato. Carlo intanto continua a raccontare: “Al mattino appena mi alzo comincio a farmi sette iniezioni, poi comincia la mia lunga colazione, senza lattosio, senza glutine e senza zucchero, mentre comincio a buttare giù le prime 100 pastiglie, ne prendo 300 al giorno, pastiglie che servono a compensare tutte le carenze e le disfunzioni dei miei organi, invasi e devastati dai metalli pesanti”.

Anche i figli del Colonnello sono costretti a prendere medicine: “Perché sono nati con la mancanza del gene della disintossicazione”.

E poi ozonoterapia, il Colonello si preleva da solo 300 grammi di sangue al quale aggiunge 300 ml di ozono, che preleva da una macchina apposita, prima di reinfonderlo: “Oltre alle quotidiane terapie, una volta a settimana vado in ospedale per la plasmaferesi, devo stare immobile per 7 o 8 ore, insomma impiego la maggior parte del tempo per curarmi. Mi curo per vivere e vivo per curarmi”.
Carlo non molla mai. Nemmeno quando qualcuno cerca di fermarlo, un’altra volta, ancora. Perché Carlo alle Paralimpiadi non ci deve andare, nonostante i risultati eccezionali. In questi giorni in Portogallo ci sono stati i mondiali di paraciclismo, lui non è stato convocato, nonostante la sua preparazione atletica fosse ai massimi livelli. Carlo recentemente ha stabilito un nuovo record dell’ora, ma per lui non c’è posto. Siamo andati a vedere perché. “A Ostenda, qualche giorno prima, sono dovuto andare a mie spese, fino in Belgio, non mi ha portato la Federazione Ciclistica Italiana, per disputare la prova di Coppa del Mondo, ci sono andato con il mio sudore, i miei sacrifici e i miei soldi, per guadagnare sul campo un posto in Nazionale per Tokyo”.

Carlo corre con una bici a tre ruote, un triciclo, categoria riservata a chi ha problemi come i suoi, problemi di equilibrio, problemi neurologici: “Ma questa cosa non la digeriscono – continua Carlo – e in tutti i modi cercano di boicottarmi, mi sono capitate anche gare dove mi hanno detto di andare piano per fare vincere qualcun altro, ma qui è successo davvero l’impensabile. Il giorno prima della gara di Coppa del Mondo, mi rifanno la visita e confermano la categoria Triciclo 2, poi mi chiamano per dirmi che però avrei potuto prendere parte alla gara soltanto se avessi accettato di correre senza l’ossigeno, nonostante io gli avessi consegnato la documentazione medica con la prescrizione che per me l’ossigeno è salvavita. E intanto dal 19 marzo avevo sospeso alcuni farmaci perché la commissione esenzioni terapeutiche del CONI non ha autorizzato l’utilizzo e non mi avrebbe ammesso alle Paralimpiadi. I medici, specialisti, mi dicono e lo prescrivino, nero su bianco, che se li sospendo rischio di morire, ma pur avendo consegnato tutti i certificati sulla necessità terapeutica, la commissione del CONI me li vieta, comunque. Ovviamente, faccio ricorso, che mi costa 3500 euro, ma il mio ricorso non viene preso in considerazione. Per cui sono costretto ad un ulteriori azioni legali, altri costi, ma la risposta un incredibile copia incolla del precedente diniego! In Belgio mi hanno costretto a correre senza ossigeno, una fatica immensa, ho concluso la cronometro con vomiti a causa dell’ipossia, sono arrivato ottavo, non avevo mai perso prima di allora, è la prima volta che non vinco una gara, ma ero comunque felice di aver concluso la prova, perché la cosa più importante per me era essere presente. Ma dopo la gara mi chiamano in sala visite, vado nella stanza insieme al commissario tecnico della Nazionale, Mario Valentini, ma non troviamo una commissione ad attenderci; una donna dell’unione ciclistica internazionale con il computer acceso in videoconferenza con la signora Terry Moore, una tecnica classicatrice, collegata dal Canada, proprio la stessa che mi aveva già escluso nel 2015 alla vigilia del campionato del mondo in Svizzera. Mi dice che io non posso correre tra i disabili e di conseguenza niente Paralimpiadi. In un attimo spengono il mio sogno, senza motivo, o forse tutto questo perché non si deve parlare di un disabile ridotto così dall’uranio impoverito, colpito da fuoco amico, visto che è stato utilizzato proprio dai nostri alleati Americani, partiti dalle basi aeree Italiane per bombardare i territori balcanici. E l’Italia non ha mosso un dito, nonostante i responsabili dell’unione ciclistica internazionale si sono presi il lusso di prendere a schiaffi l’Italia, perché io in quel momento rappresentavo l’Italia e l’Italia rappresenta tutti noi, visto che la Nazionale è di tutti. A mio favore, sono state raccolte oltre 25.000 firme perché sono tantissimi coloro che mi vogliono a Tokyo, ma non è cambiato nulla, nessuno ha mosso un dito”.

Carlo è tornato a casa distrutto: “Con una serie di problemi psicologici dovuti a tutto questo, sono in vita anche grazie al mio sogno Olimpico, è questo che da cinque anni mi ha aiutato ad andare avanti, ma fanno di tutto per distruggermi. Anche i medici confermano che sto in piedi solo grazie alla mia straordinaria forza mentale, ma questa forza va alimentata costantemente”.

Perché non ti vogliono in Nazionale? “Perché io vinco e questo sembra rappresentare un problema, quando ho debuttato in Coppa del Mondo ho vinto subito le prime due gare al mio debutto nel mondo Paralimpico, due medaglie d’oro eche hanno acceso i riflettori sul problema uranio impoverito. I giornalisti hanno cominciato a raccontare del colonnello che si è ammalato per colpa dell’uranio: da quel momento mi hanno boicottato in tutti i modi. Mi hanno tolto l’ossigeno apposta per non farmi qualificare per le Paralimpiadi, gli amputati possono usare le protesi che, grazie alla tecnologia, migliorano le prestazioni, mentre a me tolgono l’ossigeno ed i farmaci salvavita. Ho 250 punti di sutura sul mio corpo, per i numerosi interventi subiti, ma ho un fisico d’acciaio, io cammino su un filo, ma è un filo d’acciaio, in bilico su tutto, ma non mollo. Il mio legale ha chiamato la Federciclismo per sapere se avessero presentato ricorso contro questa decisione vergognosa per escludermi dai mondiali e di conseguenza dalle Paralimpiadi ed ha scoperto che non avevano fatto nulla; era l’ultimo giorno utile per presentare il ricorso e così il mio avvocato si è reso disponibile per preparare il ricorso e che avrei sostenuto io le spese legali… ma sono spariti, non si sono più fatti sentire”.

Carlo si ferma un attimo, poi riparte: “Non andrò alle Paralimpiadi di Tokyo, il sogno che mi ha tenuto in piedi fino ad ora, e a 53 anni e con i problemi che ho… mi stanno dando il colpo di grazia!”

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