“Il mio vecchio parroco mons. Rivellini diceva che noi preti dovremmo guardare di più la tv, perché in tv dicono le cose false come fossero vere e noi spesso invece diciamo le cose vere come se fossero false. Dio è così, quando non capiamo le cose da soli ce le fa capire lui, è stato così quando ha mandato il suo popolo nel deserto, ora ci sta facendo fare una… cura dimagrante”.
Piero Bonicelli
Mattina di un marzo che molla finalmente l’inverno del nostro scontento. Mons. Giulio Dellavite arriva in redazione. Ha celebrato Messa di buon mattino per salire in valle a parlare del suo libro che ha un titolo già singolare: “Se ne ride chi abita i cieli” con sottotitolo: “L’Abate e il manager: lezioni di leadership fra le mura di un monastero”.
Don Giulio è Segretario Generale della Curia, una figura che non c’era mai stata a Bergamo: “C’è in alcune grandi Diocesi, come Roma. Quando io ho fatto la mia esperienza in Vaticano, sono stato segretario del Cardinal Giovanni Battista Re per quasi 10 anni. Quando è andato in pensione, il Vescovo mi ha chiesto di tornare, l’idea era quella di utilizzare la mia esperienza nella Santa Sede per metterla a frutto qui, a servizio dell’organizzazione della Curia”.
Nel libro lei usa un personaggio soprannominato “Franceschino” (viene chiamato così un frate benedettino del monastero proprio perché sa tutto di Papa Francesco: è una sua invenzione per inserire la parola di Papa Francesco ovunque, e ci sono delle perle che a molti nei discorsi del Papa saranno sfuggite. Lei, segretario del Cardinal Re è evidetemente un tifoso di Papa Bergoglio, eppure il Cardinal Re aveva uno stile completamente diverso, molto curiale. Papa Bergoglio invece si toglie dal Vaticano e dalla Curia e la critica pesantemente e poi arriva il Vescovo Francesco Beschi e la chiama qui a rifare quella Curia che Papa Bergoglio invece sta smontando. Non è una contraddizione? “Non è così, la Curia non va smontata e Papa Francesco non lo vuole fare. Vuole un’organizzazione più pastorale e meno burocratica. È una sensazione che da tempo c’è nella Chiesa e infatti qui a Bergamo il Vescovo Francesco ha anticipato la scelta che poi Papa Francesco ha attuato in Vaticano. Spesso le riforme nella Chiesa sono partite dal basso. C’è la necessità di vincere le isole autonome per creare una sinergia a livello delle varie realtà e di creare collegamenti tra loro, con una doppia anima, ecclesiale e laica che deve interagire. Papa Francesco proprio nel riformare la Curia, dice che è essenziale, ma che deve essere a servizio. E’ il cruscotto di un’auto. La Chiesa è la comunità, i fedeli sono il motore, la Curia è… il cruscotto, che deve dire se c’è benzina o meno, quelle lucine che si accendono sono indispensabili, se l’auto non ha il cruscotto il motore si fonde. In tutte le cose la forma è già parte del contenuto, altrimenti rischio la dispersione. Il problema è quando gli uffici diventano troppo burocratici o si ha la percezione di un arroccamento sul colle. L’orizzonte del ruolo del segretario generale è quello che Papa Francesco chiama la Chiesa in uscita”.
Alcuni parroci sono critici con la Curia: “Chiunque esercita forme di responsabilità sa che non può sempre accontentare: è così per un genitore che dice no, è così per il direttore d’orchestra che deve girare le spalle alla gente, è così per la Curia che deve avere presente la realtà di tutta la diocesi dove per ogni parroco la sua comunità è tutto per lui e il suo problema è ovviamente il più grande e urgente. Controllare è guardare tutta la realtà nella sua complessità d’insieme, in confronto con altre in tutta la diocesi, allargando l’orizzonte e allungando le prospettive”. …
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