“Perché non si ricandida?”, chiede un’anziana signora al suo sindaco. “Non posso, è la legge che lo vieta”, risponde lui. “La legge? E perché?”. “Solo nei Comuni piccoli ci si può ricandidare dopo aver fatto due mandati, ma da noi questo non è possibile e così non mi posso ricandidare come sindaco”. Lei lo guarda perplessa. La scena si svolge all’interno del palazzo comunale di Torre Boldone in una mattina di metà marzo. Claudio Sessa sorride alla signora, ma lei non è convinta che questa legge sia giusta; vorrebbe che il suo sindaco si ripresentasse per guidare il Comune altri cinque anni.
Sessa la saluta e mi accompagna in un ufficio per l’intervista; è quello della segretaria comunale. “Ci dà ospitalità?”, chiede lui. “Certo!”, risponde lei, che sta uscendo.
“Io non vado mai nel mio ufficio – dice il primo cittadino – e, infatti, l’ufficio del sindaco sta chiuso per mesi. La chiave ce l’ha la segretaria e praticamente viene usata solo quando bisogna entrare per fare le pulizie. Non mi è mai piaciuto stare chiuso nell’ufficio del sindaco… pur essendo io il sindaco…”. Sessa sorride. “Il sindaco, secondo me, non deve starsene chiuso nel suo ufficio, ma deve stare tra la gente. Questo, perlomeno, è il mio modo di vedere… poi, ognuno fa quello che vuole. E così, io al mattino arrivo qui in Municipio, faccio quattro chiacchiere con collaboratori e dipendenti comunali, poi vado nei bar, nelle strade, nelle piazze, al mercato, mentre in ufficio non ci sto mai. Vado quindi dove c’è la gente, perché io voglio stare vicino ai cittadini sul territorio…
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