Concludiamo la pubblicazione di un capitolo del volume dello storico Mimmo Franzinelli “L’insurrezione fascista – Storia e mito della marcia su Roma” (edizione Mondadori) avvenuta cento anni fa. Le tre puntate precedenti sono state pubblicare su Araberara il 23 settembre, il 7 e il 21 ottobre. Ringraziamo l’autore per averci concesso la pubblicazione.
Mimmo Franzinelli
Gran finale: l’ora di Mussolini
Il 28 ottobre, di primo mattino, l’annuncio dello stato d’assedio compromette i piani di Mussolini: anche nell’ipotesi più favorevole, con la vittoria militare sull’Esercito, egli otterrebbe il potere al prezzo di centinaia di morti, passando alla storia come il responsabile della guerra civile.
Quando, in poche ore, quel fosco scenario svanisce, comprende di aver vinto la partita: invece di combattere sanguinose battaglie, dovrà impegnarsi in schermaglie contro l’imbelle voluttà ministeriale di Salandra, Giolitti e Orlando. Certo della vittoria, lascia decantare la situazione, continuando a tessere la sua ragnatela.
Vista l’indisponibilità fascista all’inserimento in un governo liberale, al mattino di domenica 29 ottobre Vittorio Emanuele affida il Paese al capo dell’insurrezione, cui fa inviare un telegramma dal primo aiutante di campo:
«Sua Maestà il Re mi incarica di pregarla di recarsi a Roma desiderando conferire con lei. Ossequi. Generale Cittadini».
L’investitura a statista muta d’un colpo prospettive e responsabilità di Mussolini: da capo di un partito-milizia, diviene capo del costituendo esecutivo.
La notizia, pervenutagli verso mezzogiorno, era stata preannunciata dal presidente di Confindustria, Ettore Conti, su incarico del prefetto Lusignoli, preavvisato da Roma.
Di un Governo forte avevamo bisogno, annota il presidente di Confindustria nel suo diario, sintetizzando la soddisfazione degli imprenditori, lieti di archiviare biennio rosso e inconcludenze degli esangui esecutivi liberali.
Sin dalle modalità della designazione e dell’abbozzo del ministero appare chiaro che stavolta non vi è la solita alternanza di governi, ma un rovesciamento di regime.
Vagone letto
Vinta la battaglia a Milano, il 29 ottobre Mussolini parte per Roma in vagone-letto, sul direttissimo delle ore 20.30.
Si predispone un treno speciale, affinché il presidente del Consiglio viaggi comodo e veloce, ma egli preferisce il convoglio di linea: «Principiamo a far economia!», sbotta, avvisando il capostazione che il suo treno dovrà essere in perfetto orario, così come «dovranno d’ora innanzi partire e arrivare in orario tutti gli altri treni».
Nonostante la serata piovosa, la stazione centrale – occupata dagli squadristi – è affollatissima. L’illustre viaggiatore improvvisa un discorso:
Camicie nere, camicie azzurre, cittadini!
Vi ringrazio del vostro caloroso omaggio, che accolgo come un viatico per la dura fatica che mi aspetta. Se mi sarà concesso di assumere il potere vi garantisco che in Italia esisterà un governo nella pienezza assoluta della sua forza e con tutti i mezzi per farla valere.
La vittoria bacia oggi i gagliardetti fascisti e io vi invito ancora· una volta a gridare: Viva l’Italia! Viva l’Esercito!
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