È un pomeriggio d’inverno, Lucrezia entra in redazione, una berretta rosa di lana copre i suoi capelli biondi che si fermano poco sopra le spalle, gli occhi intensi di chi crede nei sogni e il sorriso di chi continua ad inseguirli nonostante gli ostacoli che la vita ti chiede di affrontare.
Lucrezia ha 36 anni, di cognome fa Zanzottera, un cognome che disegna subito le sue radici, che porta dritto a papà Bruno, per anni direttore sanitario dell’Ospedale di Lovere. Lucrezia arriva proprio dal lago e racconta la sua vita d’un fiato. La scintilla che l’ha portata qui sono “le 2000 domande che ho spedito nelle aziende di tutta la nostra zona per cercare un lavoro e molte volte non è tornata indietro nemmeno una risposta oppure mi sentivo dire che visto il mio curriculum, avrei lasciato non appena avessi trovato qualcosa di meglio. È vero, la pandemia, i costi dell’elettricità alle stelle, ma ho cercato come impiegata amministrativa, interprete traduttrice, come commerciale con l’estero, impiegata centralinista, ho fatto la commessa, la cameriera… insomma sarei disposta a qualunque cosa pur di avere uno stipendio dignitoso”.
Lucrezia mastica l’inglese, il francese e il cinese come fosse una madrelingua, “ma qui la meritocrazia non esiste”. Non è come all’estero: “Ricevo offerte di lavoro come professore associato all’università da ogni dove, Stati Uniti, Olanda, Polonia, Germania, solo per citare alcuni Paesi. Adesso sto partecipando ad un bando della Nato come traduttrice dall’inglese al francese a Bruxelles… e qui solo porte sbattute in faccia”…
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