LOVERE – SOVERE – L’ultima Messa di Padre Gianni

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(tea) Le scarpe da pallone avvolte in un sacco di juta che sembrava un piccolo saio da far giocare gli angeli. La Punto bianca e la patente presa a Sovere tra le stradine strette che portavano dritte a un paradiso di convento. La caccia ai funghi a Zocchio, in mezzo al Trentino dove la tua mamma era nata. Busto Arsizio dove invece sei nato tu. La Solbiatese che hai portato alla serie C. Gli acquari, i pesci fosforescenti, le piante colorate, i tulipani blu.

E poi quella chiamata a cui non si può dire di no. Direttamente dai piani alti del Paradiso. E Casalpusterlengo, i giovani, la Comunità, il pallone, la Nazionale dei Frati Cappuccini, San Siro a Milano, Sovere in convento e poi Lovere e poi Crema e poi Rovereto e poi di nuovo Lovere. Prima di prendere su e andare a casa, dall’altra parte, la tua casa, da dove era arrivata quella chiamata a cui non si può dire di no. L’ultima Messa dalle Clarisse proprio il giorno delle stimmate di San Francesco, quel Santo che ti aveva stregato il cuore. A pochi giorni da quello che i frati chiamano ‘il transito’ di San Francesco, la notte tra il 3 e il 4 ottobre, il passaggio dalla vita terrena a quella eterna, avvenuto nella notte tra il 3 e il 4 ottobre del 1226.

Scrivere è terapeutico. Macché. Tu diresti che pregare è terapeutico, magari pregare mentre dai un calcio al pallone, che rimbalza dopo aver preso in pieno il cielo.

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