Martinengo, 37enne arrestato per maltrattamenti

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Martinengo, arrestato per maltrattamenti.
Foto di Francesco Pavoncelli

I Carabinieri della Stazione di Martinengo hanno arrestato S.M., cittadino marocchino di 37 anni, in esecuzione della misura degli arresti domiciliari a Ghisalba, scaturita dall’attività investigativa dei militari dell’Arma a cui si era disperatamente rivolta la moglie, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari su richiesta della Procura della Repubblica di Bergamo.  

Nel mese di maggio, la vittima 28enne, non più disposta a sopportare le continue prevaricazione e aggressioni sia fisiche che verbali del marito, che addirittura non le consentiva di uscire di casa se non in sua presenza, oppure per andare a prendere i figli a scuola, uscita di casa proprio per tale incombenza e subito dopo aver subito l’ennesima aggressione domestica, si faceva prestare un telefono da un passante e contattava i Carabinieri per porre fine a quella drammatica situazione.

Finalmente la donna, davanti ai Carabinieri che coglievano subito la sua richiesta di aiuto, aveva il coraggio di denunciare anni di violenze e maltrattamenti iniziati nel 2013, il giorno dopo il matrimonio, peraltro “combinato” seconda arcaica tradizione. Da quell’unione erano nati tre figli.

L’uomo aveva posto in essere giornalieri atti di aggressione fisica e verbale, minacce di morte, volti a ledere la dignità della moglie, nonché a limitarne fortemente la sfera di autodeterminazione, anche alla presenza dei bambini.

La persona offesa spiegava altresì che, nell’ultimo periodo, la paura nei confronti del marito era aumentata in quanto egli era in costante agitazione, non dormiva e ciò impediva anche alla donna di dormire, temendo che nel sonno potesse essere aggredita dal coniuge, o che questi potesse far del male ai loro figli mentre lei dormiva, seppur la donna abbia precisato che l’uomo non aveva mai picchiato i figli.

Con l’uso della cocaina, l’uomo aveva perso il lavoro ed era in disoccupazione.  La loro casa era stata venduta all’asta e talvolta si erano trovati senza luce e gas e le pratiche per il rinnovo dei loro permessi di soggiorno non erano state curate. Considerata la precarietà economica la persona offesa non avrebbe voluto altri figli dopo il primo, ma il marito non era stato d’accordo.

La donna era stata privata persino del telefono cellulare e le era stato impedito di contattare i parenti residenti in Marocco in modo tale da farla sentire emarginata e rinchiusa nelle mura domestiche che per anni si sono trasformate in un luogo di prigionia. Più nei dettagli, dapprima impedendole di avere un telefono cellulare e di intrattenere rapporti con la famiglia di origine residente in Marocco, successivamente le concedeva un telefono, ma solo per poter seguire il registro elettronico dei figli a scuola, controllandone tuttavia il contenuto e non consentendole di contattare in autonomia la famiglia di origine se non in vivavoce davanti a lui. 

Non le consentiva di avere alcuna autonomia dal punto di vista dell’economia familiare in quanto la donna non poteva accedere ad alcuna entrata economica, così come non le era consegnato denaro contante e le era impedito di fare la spesa che di regola veniva effettuata dal marito una sola volta al mese. 

In un’occasione aveva colpito la vittima con un bicchiere, rompendoglielo in testa.  Numerosi erano gli episodi in cui l’aveva presa a calci, pugni e schiaffi causandole evidenti segni che puntualmente venivano nascosti sotto il velo.

L’aggressore diventava ancora più feroce quando, sempre più frequentemente, era sotto l’effetto di sostanze stupefacenti.

La Procura disponeva l’immediata attivazione delle procedure previste per i reati del “Codice Rosso” e grazie alla preziosa collaborazione della Rete Antiviolenza, consolidato ed efficiente  punto di riferimento per tutte le vittime di questi reati,  dopo aver formalizzato la denuncia ai Carabinieri abbandonava con i figli l’abitazione familiare e trovava ospitalità presso una casa rifugio. 

La decisione di denunciare ha  posto fine a lunghe sofferenze fisiche e psicologiche, ma ha anche permesso di evitare che i reati subiti potessero portare ad ulteriori conseguenze.

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