E’ un martedì, “martedì santo”. La chiesetta della Clarisse si sta svuotando, è finita la funzione, è finita la preghiera del mattino, le Lodi che le 24 suore hanno recitato e cantato nel loro coro, figurato e reale, dietro la grande grata che le separa dal Presbiterio e dalla piccola navata.
Il monastero sta di fronte alla vecchia facciata dell’ospedale, un portone, un campanello “pace e bene”. Le auto si susseguono, la gente indaffarata si porta dietro gioe e dolori. Il portone si apre e sembra di entrare in un’oasi di pace. Il vocabolo non è sprecato, il mondo sta vivendo un clima di tragedia da due anni e adesso questa guerra che non finisce…
Suor Veronica arriva in parlatorio, è una giornata faticosa come ogni giorno, i turni in cucina, in lavanderia, per le pulizie delle stanze degli ospiti. Già, perché da qualche tempo il monastero riserva delle stanze per chi vuole ritirarsi qualche giorno, riposare sentimenti e pensieri o alzare questi ultimi verso l’alto.
“Siamo rimaste in 24, da tempo non entra più nessuno, perché una scelta come questa comporta la fede, non siamo riusciti a trasmetterla, è colpa nostra, è in atto una scristianizzazione, il mondo si è illuso di poter fare tranquillamente a meno di Dio, non conoscendolo. Il dramma è che non lo abbiamo fatto conoscere né con la testimonianza né con le parole”.
Ma se voi vi siete rinchiuse in convento, avete di fatto rinunciato a farLo conoscere.
“Sto parlando di generazioni, dell’educazione genitoriale, della scuola… Ho etto ‘noi’ ma io non ho figli, dovrei stare magari zitta su questo punto, ma è un fatto che ai ragazzi, per una serie di concomitanze non è stata trasmesso il messaggio e la fede, abbiamo insegnato ai ragazzi a pattinare, a suonare… ma non a credere! Tu hai detto che siamo chiuse qua dentro. Assolutamente no perché se c’è una vita in cui non puoi chiuderti, è questa, ‘corporalmente rinchiuse’ dice la nostra Regola, ma se tu qui dentro non agisci con cuore aperto sia alle sorelle delle Comunità sia a tutti è un assurdo, è una contraddizione nei termini e anche non ce la fai”.
Quanti monasteri ci sono come questo? “Qui in Lombardia siamo in tre monasteri di Clarisse. Erano quattro, ma il monastero di Bienno è stato chiuso. In Diocesi siamo cinque monasteri, uno di Clarisse, uno di Cappuccine, due di Visitandine e uno di Carmelitane”.
Tu da quanti anni sei qui in convento?
“Il 3 giugno sono 44 anni, tranne qualche piccola pausa, la più lunga al massimo di un mese, sono sempre stata sempre qui a Lovere. Era il 1978 quando sono entrata”.
L’anno dei Tre Papi… La tua decisione non la rimpiangi.
“No davvero, i momenti difficili non sono mancati, piccole tribulazioni quotidiane non mancano nei monasteri, non è che noi siamo già in paradiso, ma sono contenta di essere stata qua, è la mia vocazione, la mia strada è questa. Ho compiuto i 24 anni qui quando sono entrata, adesso compirò 68 anni in novembre”.
Il mondo, fuori, ha subito la tragedia del Covid e adesso della guerra. Che eco arriva qui dentro?
“Qui arriva e pulsa anche il cuore del mondo, non nelle cronache, non nelle minuzie, ma il cuore della vita pulsa qua dentro, sì, c’è tanto disordine, c’è violenza, c’è soprattutto smarrimento nelle persone, non si sa più a chi dar fiducia. Noi credenti, umilmente, vediamo la causa di tutto questo, nell’aver estromesso totalmente dalla nostra vita Dio. Alla radice di questo smarrimento, di questo dilagare dell’istintualità a tutti i livelli, anche contro natura, figli che uccidono la madre, alla radice di questo stravolgimento dell’umanità, dell’uomo, perché c’è anche una disumanizzazione in atto, è l’avere come dicevo estromesso Dio dalla vita personale. Dio è per noi umani come l’acqua è per i pesci. Togliersi dall’acqua per un pesce significa la morte. Il grido di Nietzsche nel secolo scorso ‘Dio è morto, finalmente l’uomo è libero’, adesso lo si vede che libertà si è presa. Dio non è morto, è la vita di tutto, siamo noi che avendo rifiutato la vita sperimentiamo la morte, a tanti livelli, dall’ambiente alle persone”….
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