Nembro Alessio. SEPOLTO VIVO. Dieci ore sotto una slavina: “Il mio miracolo di Natale. Lì sotto

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Dieci ore sotto una slavina. Sotto metri di neve. Senza ossigeno, senza cielo, senza vita. Ma con un cuore e un’anima che non hanno ceduto. Mai. Anche quando la vita se ne stava andando altrove. Alessio Pezzotta è un sopravvissuto. O per dirla come piace a lui “E’ stato il miracolo di Natale”, perché quel giorno era il 18 dicembre del 2014, un giovedì, una settimana a Natale, un anno fa. Che per Alessio sembra ieri, o forse ieri lo è davvero, perché quando senti scivolare via la vita il tempo si fa da parte e diventa relativo. Alessio ha 49 anni ed è di Nembro. Sposato con Ornella, tipografo prima e da 5 anni piccolo editore della val Seriana, specializzato soprattutto nella stampa di guide per itinerari di montagna. E proprio la montagna è la sua passione. E per le passioni a volte si rischia anche la vita…

Alessio racconta quelle dieci ore nel limbo tra vita e morte, un viaggio dritti dentro la slavina raccontato da chi la slavina se l’è sentita schiacciare addosso, lì, sotto metri di neve compatta, senza nessun altro rumore che il proprio battito del cuore. Che si fa sempre più flebile.

Un passo indietro, sino ad allora,18 dicembre 2014: “Siamo partiti in tre, direzione Pizzo dei Tre Signori, in Alta Val Brembana, 2554 metri”, Alessio comincia così a raccontare il suo miracolo di Natale: “Siamo saliti normalmente sino alla Baita Ciarelle intorno ai 1600 metri, e lì ha cominciato ad esserci neve, abbiamo continuano la salita sino i 1800 metri dove c’era un’altra baita, la Baita Predoni, e la neve a quel punto ha cominciato ad essere tanta. Perché in quel periodo nevicava molto ma in alta quota, quindi in basso non c’era nulla ma appena si superava una certa quota la neve era tantissima. In alto si accumulava neve e così ci siamo trovati a passare dal niente a tantissima neve. Abbiamo dovuto mettere le ciaspole perché si sprofondava. Uno di noi tre però non aveva con sé le ciaspole e quindi a fatica seguiva le nostre orme nella neve fresca, ma quando siamo arrivati alla Sfinge del Torrione, a 2200 metri, ha rinunciato, non ce la faceva, aveva fatto troppa fatica ad arrivare sin lì ed è tornato indietro alla baita Ciarelli. Ci avrebbe aspettato lì”….

SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 4 DICEMBRE 2015

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