OMICIDIO BIGONI – Da un messaggio a una notte a spulciare e incrociare nomi e poi il racconto-fiume: ecco come ci siamo arrivati

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Come ci siamo arrivati? La nostra redazione è qui, nel cuore di Clusone, da 36 anni, pc, giornali, disordine, almeno sulla mia scrivania, un pugno di persone che si confrontano, litigano, ridono, scherzano, provano a raccontare quello che succede e quello che tanti non raccontano.

Qui di storie in questi anni ne abbiamo raccontate tante, così come di inchieste ne abbiamo fatte tante, ci abbiamo perso giorni, notti e ci abbiamo lasciato pezzi di cuore e assorbito emozioni. Poi come sempre, ci sono echi di risonanza intensi e altri un po’ meno, perché l’eco di risonanza non dipende dalle emozioni ma da qualcosa d’altro.

Come quando abbiamo intervistato la vedova del fino allora “misterioso” personaggio chiamato “Moycano”, presunto mandante dell’eccidio di Rovetta il 28 aprile 1945.

Come quando è successa la vicenda di Yara, che basta il nome, e abbiamo consumato suole e cervello e poi quando ci metti passione ti arriva anche un po’ di fortuna e così il puzzle si è incastrato a pennello su Giuseppe Guerinoni. Qui sono arrivati un po’ tutti dopo, dal Guardian di Londra a Sky a molti altri media, da qui noi non ci siamo mossi, anche se ci avevano fatto offerte di quelle che non capitano sempre.

Ma qui noi stiamo bene, pazienza se poi il lavoro viene pescato a piene mani anche da chi le mani potrebbe tenderle ogni tanto in segno di amicizia o ringraziamento. In fondo noi qui le cose le facciamo davvero per passione.

Ed è stata passione e anche come sempre quella grande curiosità verso tutto quello che succede intorno, che due anni fa, dopo l’arresto di Antonio Di Fazio, l’imprenditore milanese accusato di aver stuprato alcune ragazze, in messanger mi arriva un messaggio di un amico che mi riporta a sua volta il messaggio di una sua conoscente: “Ciao, ho letto la notizia, ne so qualcosa di queste violenze dato che ne subii una nel 1992 ente pubblico. Denunciai ufficio personale, denunciai sui giornali… e per due anni dovetti chiedere aspettativa non retribuita e cambiare città, per salvare me e mio figlio… Pensa che io ero la 7ª collega che aveva tentato di violentare sul posto di lavoro, aveva anche 4 rapporti per pedofilia sulle scuole asili. Era sotto controllo dl Sime ma era libero di fare quello che voleva. Mi vennero i brividi quando a Clusone fu uccisa la ragazza milanese… lei lavorava negli uffici dove c’era questo bastardo. Era la povera Laura Bigoni. Lei dopo il mio trasferimento uffici prese il mio posto. Questo bastardo era malato seriamente ma nessuno ha fatto qualcosa per fermarlo…

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