Si fa presto a dire “portate ancora un po’ di pazienza, cercate di resistere ancora un po’”. Per noi Parzanichesi che da settimane stiamo sopportando pesanti disagi di diverso genere, queste parole fanno fatica ad essere comprese. Bisogna infatti mettersi nei nostri panni.
Per raggiungere le nostre sedi di lavoro facciamo viaggi avventurosi su e giù per le strade di emergenza prive di protezioni e di illuminazione. Si arriva alla meta già stanchi per la guida che non consente distrazioni di sorta. Identico stress al rientro a casa. L’umore è nero e non si ha voglia di portar pazienza.
Ogni giorno aspettiamo la buona notizia: la riapertura della strada a lago, anche solo per qualche ora. Ma la speranza svanisce. I tecnici ci dicono che la condizione per riaprire il raccordo di Parzanica al transito è che si raggiunga un livello di movimento analogo alla precedente fase di pre allarme. Quando sarà non è dato saperlo. Dicono che l’unica certezza, documentata dal radar a terra, dalle mire ottiche e dai controlli giornalieri delle fessurazioni sulla strada, è che la frana sta rallentando. E questa di per sé è una buona notizia. Ma non basta.
Le poche attività presenti nel nostro paese danno segni di sofferenza: rifornirsi di prodotti alimentari, di materiali per l’edilizia, di foraggi e mangimi per le aziende agricole, di cibo per i tre allevamenti di cani di razza, tra l’altro senza acquirenti, è un’impresa ardua. Mancano turisti, residenti delle seconde case e clienti esterni che tenevano su l’economia dei due negozi, bloccato dal lockdown il servizio ristorazione dell’unica trattoria del paese e dell’agriturismo, le case vacanze non hanno ospiti. E quali le prospettive per i nostri studenti, piccoli e grandi, già penalizzati dal lungo lockdown? Come si vede il quadro è desolante.
Il nostro artigiano che stampa appendini da circa quarant’anni, è sull’orlo di chiudere. Stringe i denti e va su e giù dalla mulattiera di Portirone con un trattore carico di cartoni che scarica sul camion che lo attende sulla rivierasca. Manca che si rompa anche il trattore, e quel poco morale rimasto se ne va. Il titolare della storica falegnameria avviata agli inizi degli anni ’50 a Portirone, abita a Tavernola. Tutti i giorni fa il giro del lago, circa un’ora e mezza se va bene, per raggiungere il posto. Non si lamenta, ma non se la passa bene neppure lui…
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