Pepi Fornoni, 15 anni dalla morte. Il ricordo di Antonio Delbono: “Il Pepi e i ‘Monelli’, i Lönedé di macc, il gemellaggio con Ardez, i Gigli di campo: è stato un maestro di vita”

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“L’ultima volta che ci siamo ritrovati tutti a commemorare il Pepi fu nel decimo anniversario della sua morte, andammo a trovarlo al Cimitero e partecipammo alla Messa celebrata per lui dal nipote Fra’ Giuseppe Fornoni. Poi cenammo tutti insieme, ricordando il tanto bene ricevuto, sicuri che lo spirito del Pepi fosse ancora lì a vegliare su di noi”.

Antonio Delbono, uno dei ragazzi che il Pepi raggruppò, all’inizio degli anni ’90, per costituire la nuova Pro Loco fruga nella memoria. Sono passati tanti anni. Il racconto si ripete.

«Cominciammo con iniziative di svago, come gare podistiche, tornei di calcio per gli adolescenti, riscoperta dello Zenerù e del “Lönedé di macc”, soggiorni di lavoro e di vacanza nelle baite che la sua impresa, l’Edilbaita, andava ristrutturando sulle nostre montagne e nelle quali sono passati tutti i giovani di Ardesio. Ma ben presto passammo ad iniziative più impegnative, come la Festa dei Villeggianti in cui ci voleva protagonisti nel rappresentare la storia della nostra comunità e nella quale volle introdurre, insieme ad un riconoscimento per gli ospiti, il Premio della Bontà, che premiava anche economicamente persone meritevoli  con i soldi che i gruppo dei “Monelli” si guadagnava tagliando e vendendo legname… Sue anche le idee della serata con i testimoni della vicenda del “Tone perso” e gli incontri di amicizia con Oltre il Colle e Roncobello al passo del Branchino, sempre allo scopo di coinvolgere i giovani. Ricordo anche le sue arrabbiature e la sua sofferenza quando qualcuno di noi sgarrava, il che era facile perché rispettava sempre anche la nostra libertà: lui, sempre così esuberante, si chiudeva in un silenzio assoluto che, per i responsabili dello sgarro, diventava assordante e li stimolava a riflettere…».

Al Pepi va anche il merito del gemellaggio di Ardesio con il paesino svizzero di Ardez, dove lui era stato da ragazzo con suo padre a fare il boscaiolo: «La prima volta ci andammo in quattro, così alla ventura perché ad Ardez non conoscevamo nessuno; ma neanche a farlo apposta, la prima porta cui bussammo non appena arrivati era quella della casa del sindaco… È partito tutto da lì e poco tempo dopo ci andammo in una trentina di ragazzi, ospiti delle famiglie del paese, per assistere alla loro “Calanda ‘d mars” che è una tradizione antichissima, un rito primaverile con cui i bambini, armati di campanacci, vanno in giro a “svegliare” l’erba…».

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