In giro non c’è quasi nessuno. Piano di Gaverina se ne sta qui tra lago e collina a dominare un panorama che sembra non esserci se non ci sei mai passato. Domenica mattina, una ragazza corre in tuta salendo verso la piazza del paese: “Sono di qui ma i Gherardi non li conosco, però so dove abitano, devi entrare in quel vicolo”, e mi indica un budello di strada tra vecchie case in fondo alla piazzetta della frazione. Siamo venuto a vedere dove vivevano Matteo Gherardi, 33 anni (con precedenti penali per rapine commesse narcotizzando le vittime), il padre Luigi Gherardi, 68 anni con precedenti per truffa, la fidanzata di Matteo, Jasmine Gervasoni, 23 anni (anche lei già segnalata per truffa e furto) e Omar Poretti, 24 anni di Scanzorosciate, con precedenti per rapina e droga (il padre di Omar nel 2006 era stato condannato all’ergastolo per avere ucciso a fucilate due suoi ex dipendenti rumeni che chiedevano soldi, è morto in carcere).
Con Matteo, Luigi e Jasmine però vivono altre due persone, un uomo che si chiama Ulisse e una donna, la più anziana del gruppo, i due dovrebbero essere in casa da quello che ci dice una donna a cui abbiamo suonato il campanello: “Preferisco non farmi vedere – ci spiega al citofono – però vai in fondo alla via, c’è un portone a destra e trovi la casa, io non voglio dire niente”.
Scendiamo, un viottolo stretto tra due pareti di case vecchie, alcune ristrutturate, altre fatiscenti, arrivati quasi in fondo, seguiamo le indicazioni, entriamo nell’atrio del portone, ci sono altre abitazioni, suoniamo a una di queste, una donna scende e si affaccia alla porta di casa.
“Io vivo a Bergamo, i miei sono di qui, salgo nel week end, certo che li conosco, di vista, ma non mi faccia dire niente altrimenti non finirei più e magari qualcuno si arrabbia, però se vuole suonare in casa ci sono ancora due persone, vivevano in cinque nello stesso appartamento, sono rimasti Ulisse che è l’unico con cui si può ragionare e una donna più anziana. Che legami ci siano tra loro non lo so, noi cerchiamo di farci gli affari nostri e di starcene fuori. Provi a suonare, secondo me non le rispondono, però loro sono lì”.
La porta d’ingresso ha il vetro rotto, sotto vetro rotto e sopra lamellare mezzo sfasciato, sul campanello un solo nome, “Luigi Gherardi”. Suoniamo e aspettiamo, niente, le tapparelle sono abbassate, la casa è fatiscente e dentro c’è un piccolo cortiletto in cemento, sui muri ragnatele e pittura scrostata. La casa sembra l’abbiano acquistata per poco un paio di anni fa quando si trasferirono da Negrone di Scanzorosciate.
Torniamo dal viottolo e risaliamo il budello di strada, all’imbocco tre ragazzi si sono dati appuntamento sulla piccola piazzetta del paese: “Due di noi sono del Piano, lui è di Gaverina, qui ci sono pochi abitanti, Gaverina in tutto, compreso Piano e le altre località arriva a 800, quindi ci conosciamo tutti”.
Conoscevate anche i Gherardi? “Di vista, io mi alzo presto per andare a scuola – racconta uno di loro, giubbotto nero, jeans scuri, riccioli neri – alle 6.50 e mi capita quando arrivo qui in piazza di vederli girare già a quell’ora. Non so cosa facciano, non ho mai parlato con loro.
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