PIARIO – LA COSCIENZA DI UN INFERMIERE – Io, al Pronto Soccorso ho visto cos’è l’inferno

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“Abbiamo la speranza che se ne vadano senza soffrire, col recente ricordo dei cari lasciati a casa, sereni, senza accorgersi che nessuno di loro sia lì accanto.  Altri muoiono allo stesso modo ma dopo che hanno lottato giorni o, forse, dopo che il virus ha giocato con loro come il gatto col topo”.

“Quando il Corona Virus ti si aggrappa ai polmoni bisogna avere determinate carte in mano e saperle giocare bene: la carta dell’età, quella del sesso femminile, quella della salute, quella del non fumatore, quella del peso corporeo, quella della lucidità e della caparbietà”.

“Siamo ai saluti. Non voglio dare l’impressione di scappare. «Non abbiate sensi di colpa,  stategli vicino in questi ultimi attimi. E’ quello che vorrebbe.»

Non ho ancora trovato il modo giusto per salutare in questa situazione: condoglianze è prematuro, buon giorno o buona sera è una presa per i fondelli, arrivederci suona molto ipocrita, auguri… Ma auguri di cosa? 

Allora resta un’incertezza, un silenzio, un vuoto sospeso, e forse è la cosa migliore da lasciare insieme a uno sguardo di sincera comprensione.

Loro invece ti spiazzano sempre trovando la formula giusta: «Grazie.»

 

Stiamo facendo il meglio possibile, stiamo cercando le soluzioni migliori, anche se a volte drammatiche, e la gratitudine della popolazione ci aiuta, ci fortifica, ci rende anche fieri di ciò che facciamo. In qualche modo ci solleva, alleggerisce il peso della responsabilità”.

 

Rudy Bianchi

21 marzo 2020

Sono convinto del mio operato, come tanti colleghi che si son trovati a lottare in campi nuovi assumendo forme professionali  inaspettate, inaudibili sino a un mese fa.

Stiamo facendo il meglio possibile, stiamo cercando le soluzioni migliori, anche se a volte drammatiche, e la gratitudine della popolazione ci aiuta, ci fortifica, ci rende anche fieri di ciò che facciamo. In qualche modo ci solleva, alleggerisce il peso della responsabilità.

Ma non basta, tutte queste scelte, queste esperienze, queste emozioni le stiamo accantonando in qualche parte del cervello. Non c’è tempo per elaborarle o metabolizzarle. Comprimi e archivia, comprimi e archivia.

E’ quando arriva il sonno che ci si rende conto: si perde il controllo e i cardini delle porte della memoria si allentano, si inizia a rimuginare senza sosta, ruminare senza fine immagini, parole, atti, respiri…

Avrò fatto bene? Avrò valutato correttamente? Avrò agito sensatamente? Avrò sbagliato? Avrò fatto del male?

Una belva si sta nutrendo nella mente.

Certezze o meno, gratitudine o meno, verrà il giorno in cui quelle porte si spalancheranno e ogni infermiere dovrà fare i conti con la propria coscienza.

. . .

Un’altra.

Un’altra ancora.

«Ho chiamato la centrale, ho detto di non mandarci più ambulanze…»

«Ehm… dottoressa, ne sono appena arrivate due.»

Esco a vedere prima che scarichino il loro bottino umano

«Hei, amici di Ceriale! Belàn ‘sti liguri!»

Chi l’avrebbe mai detto che dei marinai avrebbero risalito le valli sino ad una delle più serrate enclavi bergamasche. A dare una mano. Ai bergamaschi: quelli coniati in crogiuoli di solidale alpinitudine, quelli che si fregiano di aver costruito il mondo e averlo riparato già più volte, quelli che masticano un dialetto arcigno con cadenza neolitica, “madre di tutte le lingue” diceva Dario Fo.

«Ci avete portato un appendicite?» Ditemi che ci avete portato un’appendicite. Acuta, flemmonosa, gangrenosa, putrefatta, esplosa… Va bene tutto.

Niente, anche questo è COVID, solo e sempre COVID. Persone che annaspano, artigliano aria coi denti, mantici mai sazi.

Fino a un mese fa eravamo invasi da coprostasi e ci lamentavamo. Ora dove sono finiti tutti gli stitici dell’universo-mondo? Cristo Santo… DATEMI UNA LUSSAZIONE DI SPALLA! Qualcosa che si tratti veloce con una manovra strabiliante e il paziente se ne va contento.

No, COVID e solo COVID, che il paziente spesso se ne va… ma col suo ultimo flebile respiro.

*  *  *

Raccolgo due dati e faccio scaricare: «Vediamo di trovare un giaciglio anche al signore. Pòta ma come va giù da voi in Liguria? V’è andata bene che hanno blindato la Lombardia, se fossero arrivati giù tutti i nonni bergamaschi infetti a svernare….»

«Belàn, comunque 4000 ce li abbiamo giù bloccati…» Bell’accento anche il loro.

Ma non li sto più ascoltando, la mia mente sta incrociando i dati del paziente, valutando le percentuali di chance e in base a quelle in quale girone del Pronto Soccorso trovargli posto.

Non si dice, ma è un triage di guerra; valuti le possibilità della vittima e le incroci con le risorse disponibili sul campo. Quello che ne esce è spesso una sentenza. Di speranza o di morte..

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