Una vita per la chiesetta di San Rocco. Una vita donata, spesa con generosità e vissuta a pieni polmoni. Flaminio e Caterina. Una coppia inseparabile. E inseparabile dalla chiesetta di Piario di cui i due sono stati custodi per 45 anni. Dal 1976 ai giorni scorsi. La loro presenza era diventata una garanzia. Custodi di un luogo e di una storia, presidio sicuro per i fedeli e le tradizioni.
Flaminio Legrenzi, 84 anni, è originario di Piario. Caterina Bertuletti, qualche anno in meno, è invece di Parre. Da qualche giorno si sono trasferiti a Leffe. Ma per 45 anni hanno vissuto nell’appartamento della chiesetta di San Rocco, situata nella pineta, non lontano dall’ospedale di Piario.
“Siamo arrivati lì a inizio aprile del ’76 – iniziano a raccontare i due -. L’anno precedente erano stati fatti lavori di restauro, mentre prima era tutto abbandonato”.
La chiesetta aveva vissuto infatti vicende diverse. “Quando io ero bambino – racconta Flaminio -, quello era il nostro oratorio: andavamo sempre su a giocare. Allora era quasi tutto proprietà del sanatorio di Groppino, ma i prati erano sacri e lì era l’unico posto dove si poteva andare a giocare liberamente”. A guardia della chiesetta abitavano lì due custodi. “Quando io ero piccolo ricordo che c’erano due fratelli, non sposati: un maschio, che faceva l’operaio manuale proprio al sanatorio, e una femmina. Quando, però, lui è morto, il parroco di Piario aveva deciso di non lasciare lì una donna da sola e l’aveva messa al ricovero. Era la fine degli anni ’50 e da lì per un po’ di anni non era andato più nessuno a fare il guardiano”.
Comincia un brutto periodo per questo luogo. “Fatta eccezione per il giorno della festa, che si faceva la domenica più vicina al 16 agosto, non stava più nessuno su alla chiesetta. Attorno era diventata una foresta. Ci andavano solo i delinquenti: andavano con le macchine o le moto a fare ciclocross. Attorno alla chiesa si era formata una pista: facevano la curva davanti alla chiesa, poi saltavano giù dal muretto. Il fango che alzavano le moto arrivava su tutta la facciata, avevano rovinato tutto”.
Poi cambia tutto. La storia della chiesetta si salva grazie ad una persona. “È stato merito di Pietro Visini, un uomo nativo di Piario, un po’ più vecchio di me, che era emigrato in Francia e aveva fatto fortuna – ricorda ancora Flaminio -. Mentre si dirigeva da Piario a Ponte Selva per andare a prendere il trenino che scendeva in città si era rivolto verso la chiesetta, a quell’epoca mezza distrutta, e aveva detto: ‘San Rocco, se faccio fortuna mi ricorderò di te’. Così è stato. Qualche anno dopo è tornato in paese per far celebrare i sacramenti del figlio e della figlia e lì ha deciso di far restaurare la chiesetta”.
Ai lavori di ripristino si accompagna la necessità di trovare nuovi custodi che garantiscano la sicurezza del luogo. “Aveva fatto sistemare anche l’abitazione del guardiano: ha messo a posto la cucina e il piccolo bagno, poi al piano superiore due camere. Noi ci siamo fatti avanti e hanno scelto proprio noi”.
Flaminio e Caterina avevano vissuto i primi anni di matrimonio a Clusone, dove lui lavorava in una cereria. Poi il trasferimento a Piario. A San Rocco vivono insieme alle due figlie piccole: Liliana e Susanna. “Loro due andavano a scuola a Piario, sempre a piedi e sempre da sole. C’era un sentierino e quando nevicava erano ancora più contente – sorride Caterina -. Mettevano le cartelle sotto il sedere e giù come se fosse uno slittino”.
Flaminio, invece, era sempre al lavoro. “Io lo vedevo la mattina presto a colazione, a mezzogiorno e alla sera – racconta ancora Caterina -. La strada l’abbiamo messa a posto noi: era solo un sentiero, è metà sul territorio di Clusone e metà su quello di Piario e di fatto non interessa a nessuno dei due Comuni. Ad ogni temporale bisognava sistemarla perché le canalette si riempivano di ghiaia. Poi bisognava procurarsi la legna, e ne occorreva tanta, perché non c’era il riscaldamento: solo camino e stufa. La chiesa, invece, era compito mio. Ho sempre avuto la passione per i fiori, per questo ne mettevo così tanti lì fuori. Poi avevamo le galline e i conigli: insomma, si tirava avanti…”. I due si scambiano uno sguardo pieno di affetto e sorridono all’unisono…
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