“Sales Macaronì! (Sporchi italiani!) – ci gridavano i francesi guardando la lunga colonna di noi, che carichi delle nostre cose più necessarie, procedevamo in lunga e dolente fila camminando verso non sapevamo dove. Io avevo sei anni e non mi capacitavo: ma come, eravamo sempre andati d’accordo, coi francesi, a scuola con loro stavo bene, ero brava, avevo persino vinto un premio per il ricamo…Adesso di colpo era tutto cambiato…Ho visto giorni fa in tv alcune sequenze di una puntata de “La grande storia”: ecco, c’erano quelle lunghe file di disperati, erano proprio come eravamo noi, immagini che la mia mente non ha mai cancellato”.
Anna Agazzi, 88 anni, erre moscia e accento francese che non ha mai perso, rievoca per noi la sua infanzia avventurosa e tribolata. Nata a Ponte Nossa, in uno dei mulini lungo la Val Dossana, nel dicembre del’31, raggiunge un anno dopo con la mamma Edvige Ferrari il papà Giacomo che lavora in una fonderia di Deville, nelle Ardenne, proprio al confine con il Belgio, che da casa sua si raggiunge a piedi attraversando un ponte. La famigliola vive serenamente e gode di un certo benessere, il papà all’’üsine’ guadagna bene, la casa è comoda e ben riscaldata perché il coke arriva abbondante dal Belgio sui battelli che solcano il grande fiume , la Mosa; in tavola ci sono spesso persino le banane… Nel ’34 arriva un fratellino, Vittorio, e l’anno dopo una sorellina, Piera, che però muore a 9 mesi. La mamma è disperata e sua madre la raggiunge per consolarla ed esserle d’aiuto, finché una nuova sorellina, Piera anch’essa, arriva a riportare in famiglia l’allegria. Ma le nubi di guerra incombono:
“Da qualche tempo vedevamo aerei tedeschi percorrere il cielo, mentre sulle colline notavamo un gran movimento di paracadutisti, spie tedesche in avanscoperta, dicevano. E noi cominciavamo ad aver paura”….
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