PREMOLO Don Antonio e Madre Gesuina: Santi quando? Il difficile cammino per la beatificazione dei due premolesi

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La lentezza dei processi di beatificazione di don Antonio Seghezzi e di Madre Gesuina Seghezzi, due premolesi “in odore di santità”, sta suscitando le perplessità dei loro compaesani. In molti si chiedono quando sarà possibile onorare come santi i due illustri premolesi, legati non solo dalla fede, ma da un rapporto di parentela (Madre Gesuina era zia di don Antonio).

Le spoglie di don Antonio riposano nella cripta ipogea della chiesa parrocchiale inaugurata dal Vescovo di Bergamo Mons. Roberto Amadei nell’agosto del 2006, quando erano state traslate dal Cimitero (che le aveva accolte nel 1952 provenienti dalla Germania). Il 28 agosto scorso il suo monumento, che accoglie i pellegrini e i visitatori all’ingresso del paese – il “piccolo villaggio” che spesso don Antonio aveva evocato nei suoi scritti con pennellate di autentica poesia – è stato arricchito con gigantografie in ferro di due delle lettere che scriveva ai suoi famigliari. Il monumento rinnovato era stato benedetto dal Vescovo Mons. Francesco Beschi, dando inizio alla settimana di celebrazioni culminate nella giornata del 4 settembre, festa del co-patrono della parrocchia San Defendente, con la presenza di Mons. Tarcisio Tironi, vice-postulatore della causa di beatificazione del martire premolese.

Nell’occasione non sono mancati, sia tra i premolesi che tra i pellegrini accorsi, quanti hanno espresso perplessità per la lentezza del processo di beatificazione.

Il lungo iter verso la Beatificazione di don Antonio, caldeggiato dal gruppo di giovani che si era costituito a Premolo nel nome del “Santo della Resistenza bergamasca”, iniziato nel 1990, subì una battuta d’arresto nel 2004, quando la Commissione appositamente nominata dalla Congregazione Romana per la Causa dei Santi espresse dei dubbi circa il martirio del Servo di Dio don Antonio Seghezzi. Per essere definito martire (e, di conseguenza, essere elevato all’onore degli altari senza alcun miracolo) è necessaria la morte “in odio alla fede”, essere cioè uccisi per la propria fede e perchè non si vuole rinunciare ad essa. All’interno della Commissione ci sono state discussioni su questo punto: don Antonio è stato ucciso in quanto prete, quindi per la sua fede? L’interpretazione dominante all’interno della Commissione è stata negativa.

Di fronte a questo parere Mons. Amadei provvide quindi ad un’inchiesta suppletiva inviata a Roma, in modo da non interrompere il percorso della causa. 

A questo punto le due possibili strade da seguire per vedere don Antonio consegnato alla gloria degli altari erano due…

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