Il processo relativo alle vicende dei cosiddetti “Pascoli d’oro” è cominciato nei giorni scorsi in Corte d’Assise di Bergamo anche se gli alpeggi interessati insistono sul territorio camuno: si tratta infatti di centinaia di ettari in alta Valcamonica, per i quali l’Unione Europea ha versato centinaia di migliaia di euro di contributi finalizzati al sostegno dell’agricoltura di montagna. Peccato però che questi estesi pascoli non hanno ma visto animali al pascolo, come documentato dalle indagini che si sono avvalse anche di droni e che hanno segnalato anche, nelle zone interessate, la presenza di erba molto alta ed evidentemente non pascolata. Una vera e propria truffa, perché i terreni venivano affittati per ampliare la superficie di pascolo dell’azienda e avere dunque accesso ai contributi dell’Unione Europea, ma il pascolo non veniva utilizzato affatto, con la duplice gravissima conseguenza di provocare un danno ambientale all’alpeggio stesso e di creare una concorrenza sleale verso le imprese, solitamente di minori dimensioni, che lavorano realmente in montagna portando le il loro bestiame in alpeggio durante la stagione estiva e sfruttandone i pascoli in modo corretto.
Il processo, con l’accusa di truffa aggravata, vede imputati un imprenditore agricolo di 44 anni, Gian Mario Bana, che avrebbe ottenuto erogazioni pubbliche indebite insieme alle sorelle e ad un socio dell’azienda; ed è incardinato al tribunale di Bergamo perché i Bana hanno la residenza a Premolo, in Valseriana (BG). L’imputazione a loro carico è di aver superato la concorrenza di altri agricoltori e allevatori con rilanci in denaro esorbitanti per accaparrarsi i terreni, mentre due società, intestate appunto alle sorelle del 44enne, sarebbero servite per incassare i contributi europei, oltretutto maggiorati perché le ragazze figuravano, per la loro giovane età, destinatarie di ulteriori aiuti economici volti ad incoraggiare ed aiutare i giovani allevatori. Il maresciallo Riccardo De Gennaro, dei Carabinieri Forestali di Breno, che ha condotto le indagini, ha ricostruito in Corte d’Assise a Bergamo i fatti e le contestazioni avanzate all’imprenditore: aver costituito le società con il preciso intento di accaparrarsi i fondi dell’Unione Europea, ed aver utilizzato i terreni destinati al pascolo per un periodo inferiore a quanto previsto dalle norme europee in materia.
SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 4 FEBBRAIO