PRO E CONTRO – Carol Maltesi: l’assassino ‘ammesso’ alla giustizia riparativa ed è polemica

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La Corte di Assise di Busto Arsizio, con la contrarietà del pm e delle parti civili, ha ammesso Davide Fontana all’istituto della giustizia riparativa, primo caso in Italia, almeno per il reato di omicidio, dell’istituto entrato in vigore il 30 giugno a seguito della riforma Cartabia. E la decisione sta facendo discutere. Il sì dei giudici al reinserimento dell’assassino di mia figlia? – ha commentato la mamma di Carol – Non è possibile, questa è un’ingiustizia… Adesso temo davvero che un giorno il mostro che ha massacrato e fatto a pezzi Carol possa tornare libero”. Duro anche il comunicato diffuso dalla Rete Dafne, Rete Nazionale dei servizi per l’Assistenza alle Vittime di reato, presieduta dall’ex magistrato Marco Bouchard: “La decisione della Corte d’Assise di Busto Arsizio, favorevole alla richiesta di programma riparativo per Davide Fontana, ci ha profondamente turbato. La Corte d’Assise viola il sentimento d’ingiustizia che a distanza di un anno e mezzo dai terribili fatti provano ancora le vittime alla sola idea di incontrare l’imputato e non riesce a cogliere nella loro indisponibilità il rischio di una clamorosa vittimizzazione secondaria che in questo caso – lo dice la Direttiva europea 2012 che sul punto ha effetto diretto – dovrebbe essere addirittura presunta poiché una di esse ha appena compiuto sette anni ed è figlio dell’uccisa. La Corte d’Assise lede lo stesso ruolo di mediatori perché li scavalca stabilendo in loro vece la fattibilità del programma riparativo mediante ricorso a vittime sostitutive (quante? Di quale età?): e che fardello dovrà portare la vittima sostituiva nel mettersi nei panni di chi si è rifiutato di entrare nella stanza del mediatore?”.  Nell’istanza presentata alla Corte, Fontana scrive: “È interesse primario del sottoscritto poter partecipare a tale tipo di programma al fine di riparare, per quanto possibile, ai danni e al dolore provocati ai genitori di Carol Maltesi e soprattutto al figlio Carlos, impiegando fruttuosamente il tempo della reclusione per intraprendere fin da subito un percorso carcerario riabilitativo e rieducativo”.

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Davide e l’omicidio di Carol: fatta a pezzi, smembrata e gettata via

Davide Fontana, bancario, aveva 43 anni quando ha ucciso Carol Maltesi, nel 2022, a gennaio, nel suo appartamento di Rescaldina, provincia di Milano, ma il cadavere,  o meglio i resti del corpo vengono scoperti solo il 21 marzo sempre del 2022. La giovane Carol Maltesi, 25 anni e madre di un bimbo di 6, è stata uccisa e fatta a pezzi, il corpo messo in un congelatore e poi occultato in alcuni sacchi, infine gettato in un dirupo a Borno (Brescia).

“Discutibile la decisione di concedere l’accesso a un percorso così. Difficile e prematuro pensare a un percorso adeguato”

Sara Riva. Sindaca di Gromo, Avvocato

Commentare un processo senza conoscere gli atti lascia il tempo che trova. In ogni caso, in base a ciò che ho letto e stante la gravità dei fatti, trovo discutibile la decisione di concedere l’accesso a un percorso di giustizia riparativa a Fontana, pur trattandosi di un percorso complementare rispetto alla giustizia ordinaria, che non fa venire meno la condanna.

 

ASSOCIAZIONE VOL.CA BRESCIA

“La giustizia riparativa è uno dei mezzi per rieducare, può far paura, ma…”

Abbiamo chiesto anche a chi opera tra le mura del carcere come l’associazione Vol.Ca di Brescia cosa ne pensa di questa decisione presa dal giudice. A risponderci è la presidente, originaria di Pisogne, Caterina Vianelli: “Questa situazione è molto delicata, anche perché il caso è ancora aperto. La Giustizia riparativa, che è un percorso nuovo, può fare paura e dare fastidio perché si ritiene di sminuire il ruolo delle vittime e della loro sofferenza rinunciando ad una logica che sia “punitiva”. Ma la Giustizia riparativa è uno dei mezzi per realizzare il fine rieducativo…

 

CENTRO ANTIVIOLENZA DONNE E DIRITTI

“Non bastava la sentenza… era opportuno offrire questa aggiuntiva opportunità per un femminicidio così efferato?”

Con l’ammissione di Davide Fontana alle misure di Giustizia riparativa (primo caso in Italia di applicazione dell’iter), si aprono per lui ulteriori prospettive di diminuzione di pena per «aver partecipato a un programma di giustizia riparativa (…) concluso con esito riparativo». È lecito chiedersi se, oltre a una sentenza che non ha riconosciuto la premeditazione, né la crudeltà, né i futili motivi, fosse opportuno offrire questa aggiuntiva opportunità all’autore di un femminicidio così efferato.

A decidere in merito è stato lo stesso giudice che, nella sentenza, descrive l’omicida come un uomo «profondamente innamorato» «della giovane e disinibita Carol».  L’amore inteso come gioco di forza, che toglie la ragione, che soggioga non è amore, e leggerlo in una sentenza non suscita più stupore, ma inorridisce. La narrazione dell’uomo che viene abbindolato, sedotto, usato e indotto a delinquere dalla bella donna disinibita è qualcosa che non vorremmo più sentire. Come non vorremmo più assistere a processi in cui l’assassino non è l’unico imputato, dove la vittima viene sottoposta a giudizio senza potersi difendere.

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