L’idea di creare un frantoio nella zona dell’Alto Sebino per ora resta un’idea. Ma non è campata in aria. Un frantoio? Ovvio, per i tanti olivicoltori. Tanti? Obiettivo: “Produrre l’olio più buono del mondo!”. Mica poco. Punto e a capo, ricominciamo.
E’ un sabato di fine settembre, cascina sopra Riva. Sotto il portico l’ultima spera di sole, è già autunno, ma ci godiamo la coda dell’estate. Ci ospita Vittorio Capitanio che è il presidente della Cooperativa olivicoltori bergamaschi, sede legale a Lovere, nata dopo anni in cui anche i bergamaschi si appoggiavano al frantoio di Montisola e alla cooperativa dell’isola. Poi, con l’aiuto concreto dell’allora assessore provinciale Luigi Pisoni, ci si è messi in proprio e Pisoni cofinanziò il primo frantoio, piccolo (4 quintali l’ora).
Da lì l’inizio di quella avventura che vuol portare a produrre appunto “l’olio più buono del mondo”. E’ ancora lunga, ma mica poi tanto, chi coltiva l’ulivo guarda lontano.
E così adesso sono una settantina i soci bergamaschi che hanno realizzato a loro spese (più di 120 mila euro) un frantoio all’avanguardia che è posizionato a Scanzorosciate, l’unico della bergamasca, presso l’azienda di uno dei soci, Umberto Lussana, titolare dell’azienda agricola “il Castelletto”, che ha qualcosa come duemila piante di ulivo.
Che poi chiamarle “piante” sarebbe improprio, “l’ulivo è un albero a portamento arbustivo”. Me lo spiega Marco Pedrinola, giovane loverese che sta dedicando la propria vita all’olivicoltura, oltre ad avere una propria azienda, lavora per la Cooperativa insieme a due dottori agronomi specializzati in olivicoltura, Luca Ferretti di Darfo (anche lui ha una sua azienda) e a Matteo Ghilardi di Scanzo.
E spiegano che “nel Sebino bresciano di frantoi ce ne sono 5, più uno, piccolo, lavora 2 quintali l’ora, a Piancogno, in Val Camonica, dove pensano di realizzarne un altro. Il nostro, realizzato nel 2017 lavora dagli 8 agli 11 quintali l’ora, è tra i più moderni del Nord Italia. L’olivicoltura è un settore in grande espansione, pensi che al frantoio di Scanzo noi abbiamo avuto l’anno scorso 1.100 clienti, sono pochi quelli che hanno una vera e propria azienda, ma moltissimi sono gli appassionati e portano il loro raccolto da noi. Ma adesso c’è la necessità di realizzare un nuovo frantoio in questa zona, pensiamo tra Riva e Costa Volpino, dove gli olivicoltori stanno crescendo”.
Se l’obiettivo, come mi avete detto, è di produrre l’olio più buono del mondo, come pensate di riuscirci? “Con l’alta qualità – sintetizza Marco – la mia piccola azienda ha avuto già riconoscimenti, premiata con il ‘gambero rosso e lo slow food. La domanda di alta qualità c’è, io non ho più un goccio di olio, tutto venduto a ristoranti e gastronomie di alto livello, ma c’è una clientela che arriva dall’estero, oggi un prodotto di qualità ha mercato, noi facciamo anche assistenza a chi ce la chiede, dalla piantagione alla potatura, al raccolto, diamo consulenza sulla qualità dell’oliva, sulla stagione per la raccolta e tra la raccolta e la spremitura non devono passare più di 24 ore, per questo bisogna prenotare prima di raccogliere. Quest’anno è un brutto anno, diciamo che il raccolto è oltre il 70% in meno rispetto allo scorso anno, a causa sia di una stagione avversa (fattori climatici), e soprattutto fitopatologici, in primis la cimice asiatica…”.
Mi fa vedere l’insetto che riconosco, nel giardino sotto casa c’è un ulivo e quella cimice me la sono ritrovata spesso attaccata alle tende della camera. “E’ arrivata in Italia nel 2012 da Taiwan ed è devastante. Poi c’è anche la ‘mosca’ che in latino si chiama ‘Bactrocerae oleae”. Il rimedio? “Quello più efficace sarebbero le… galline che frugando nel terreno si mangiano le larve, poi certo, ci sono gli insetticidi anche biologici o chimici”. ..
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