“In occasione dei 55 anni dalla tragedia del Vajont ricordiamo la storia di un altro disastro causato dal cedimento di una diga, quella del Gleno, che si consumò 95 anni fa sulle alture tra le province di Bergamo e Brescia”.
Comincia così un articolo pubblicato da “Panorama”, una rivista che, come L’Espresso, ha avuto una grande storia, rinnovando il mondo di fare informazione, trasformandola in racconto. Ambedue i gloriosi settimanali sono in caduta libera. Se molto dipende dalla concorrenza (anche interna per L’Espresso, con il Venerdì di Repubblica), c’è anche una componente di superficialità. Ne è la prova questo articolo sul Gleno.
Ecco il passo successivo all’incipit riportato sopra. “E’ la fine di novembre del 1923. Piove da giorni sulla Val Camonica, senza interruzione. A poca distanza da Schilpario, c’è una valle laterale: la Val di Scalve, stretta tra i fianchi delle montagne a cavallo tra le province di Bergamo e Brescia”. In poche righe un concentrato di errori geografici con l’esclusione di Schilpario… dalla Val di Scalve che diventa “laterale” al paese, escludendolo dalla valle stessa. Ma non è finita. Più sotto infatti: “La diga del Gleno, dal nome del torrente affluente dell’Oglio che percorreva la valle, fu realizzata per soddisfare la crescente domanda delle fabbriche del fondovalle alimentate dalla centrale idroelettrica di Mazzunno: il Cotonificio della Val Seriana, i cotonifici Zoppi e Pesenti, le Ferriere Voltri a Darfo”….
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