SCANZOROSCIATE – “La siccità, il nostro Moscato che annaspa, il vino che perde acidità, lavorando la terra ti rendi conto che viviamo di cazzate…”

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«Stavo proprio rispolverando i quaderni di cantina e di vigna di mio padre Maurizio e di mio nonno Giancarlo: di annate siccitose con vendemmie anticipate ce ne sono state. Non è la prima volta. Però non così: non così tanto e non per la seconda volta. Perciò cosa ci aspetta non si sa. È un grosso punto interrogativo». Francesca Pagnoncelli Folcieri titolare dell’azienda agricola di famiglia e presidentessa del Consorzio di tutela Moscato di Scanzo ha 51 anni, molte domande legate al problema siccità e poche risposte certe. «È chiaro che mancando l’acqua tutte le piante sotto una certa età sono a rischio morte, proprio perché non riescono nemmeno a crescere, visto che hanno un apparato radicale molto poco sviluppato e dove c’è il sas de luna le riserve idriche sono in profondità. Quindi quello che ci aspettiamo è una moria di piante. Inoltre non sappiamo che uva raccoglieremo e quando la raccoglieremo. Un’altra conseguenza scientifica della mancanza di acqua per il vigneto è la perdita di acidità del vino. Il Moscato di Scanzo è diverso da tutti gli altri moscati anche grazie alla sua acidità. Quindi dire con certezza ciò che succederà è veramente difficile. Dal nostro punto di vista una conseguenza molto negativa potrebbe essere che tutte le energie dalla pianta vadano per salvaguardare la sua sopravvivenza e non vadano per far crescere il frutto».

Felpa blu elettrico molto casual. Jeans a zampa di elefante, che coprono quasi completamente le scarpe di tela grigia, con qualche perlina che colora la tasca anteriore sinistra. Entrambi gli abbigliamenti sono più abbondanti del corpo minuto e basso di Francesca. «Un vigneto che avevamo appena piantato a nuovo lo scorso anno ci è morto tutto. La vite si pianta in primavera e non sappiamo come sarà la stagione. Il danno per ogni singola piantina si aggira intorno ai 100 euro, considerando il molto lavoro di preparazione che ci sta dietro. Inoltre, se tutto andrà bene, questa parte di vigneto entrerà in produzione un anno dopo, perciò si perde anche l’incasso di un’annata. Non è facile da calcolare. Il danno peggiore è che si perdono molte ore di lavoro, soprattutto per noi che facciamo ancora tutta la lavorazione manuale. Anche perché l’azienda è composta solo da me e mio marito Massimo, altrimenti non riusciremmo nemmeno a mangiare. Solo durante il periodo della vendemmia ci facciamo aiutare. Tutto il Consorzio ogni anno mediamente produce 60 mila bottiglie da mezzo litro su 33 ettari destinati alla produzione di Moscato di Scanzo».

Gli occhiali grandi, squadrati e a tinte metalliche contornano gli occhi piccoli e vispi mentre occupano gran parte del viso fresco e color di magnolia. Francesca ha un sorriso simpatico e ampio come la fronte resa abbondante dalla pettinatura all’insù dei capelli ricci. «L’azienda agricola è nata nel 2017, perché prima eravamo troppo piccoli per aprire la partita iva. Però la nostra prima etichetta è del 1962. Mio padre, mio nonno e il mio bisnonno producevano il moscato come hobby mentre lavoravano in farmacia. Per mio nonno era il modo di omaggiare certi amici o conoscenti…

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