SOVERE – Dall’Inno di Elio all’effige della Madonna della Torre: un paese che resiste

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Martedì pomeriggio, mi accorgo che non ho ancora scritto Sovere, avrei dovuto fare un articolo sulla Casa di Riposo, sui tanti nonni che lottano, annaspano, soffrono da soli, perché le visite parenti in questo periodo non sono possibili. Poi faccio un paio di telefonate e scopro che tanti stanno male, e oggi è un giorno così. Dove anche Sovere che sembra comunque lontano anni luce da una Valseriana in ginocchio, sta soffrendo e tanto. E allora lascio tutto in bianco, mentre rientro vedo sui balconi l’effige della Madonna della Torre, non è maggio, è piena Quaresima, e sorrido, già, che in fondo in questo dramma collettivo la differenza la facciamo ancora noi, gente di paese che si ritrova dentro l’Inno di Mameli sul balcone in un tardo pomeriggio di marzo dove il vento è ancora troppo freddo, in tutti i sensi, ma si scopre unita, ed è strano scoprirsi uniti quando si deve stare distanti, ed è sempre la contraddizione che ti da possibilità di uscire dalle sabbie mobili. Quella voce all’altoparlante di Elio che prende il microfono e canta a squarciagola col suo cappello con la bandiera d’Italia, quelle effigi che sventolano su balconi deserti ma coi fiori che buttano addosso colori di speranza, quelle bandiere tricolori che appaiono un po’ ovunque…

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