SOVERE – ENDINE – INTERVENTO – “La mia quotidianità è fatta dai bambini, Salomone e la malattia genetica, Evrad senza gamba e… Ora qui con noi Davide e Riccardo da Sovere e Pianico….”

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Walter Negrinotti. Un ragazzo che qualche anno fa ha deciso di dedicare tempo e vita agli altri. E’ volato in Africa, in uno dei posti più poveri al mondo. E lì ogni giorno si confronta con realtà che cambiano priorità cambiano tutto, tranne il cuore, quello lo allargano, per forza. Walter racconta sui social questo viaggio d’amore infinito, senza retorica, a volte duro, a volte anche incazzato, quando serve, documentando con foto, volti e storie. In questi giorni due ragazzi di Sovere sono volati da lui per dare una mano, due ragazzi di 23 anni Davide e Riccardo. Walter racconta con questo articolo che ci ha mandato quest’esperienza, questo infinito viaggio.

Walter Negrinotti

Un altro anno di Africa che se ne va, anzi, che mi è stato ancora regalato e che ci siamo regalati. Forse perché la vita è proprio un regalo, da assaporare e vivere tra gli altri e l’Africa ti dona spazio per tutto questo. Sono prossimo al mio rientro in Italia per una vacanza di un mesetto, ci sono stato meno di un anno fa e mi pare una vita che ci sono lontano, allo stesso tempo ci stavo solo fino a ieri ed è anche questo parte dell’esperienza missionaria: essere qui in Africa, ma avere quel filo sempre legato a casa, agli amici, agli affetti più cari. E quindi si stacca da qui per ricaricare le pile in Italia, per nutrirsi di quel bene che in quasi quattro anni in Costa d’Avorio mi è sempre rimasto accanto, perché è forte e mi cammina accanto, spesso rendendo condivisi gli impegni e la quotidianità qui, tra i bambini.

Scrivere dell’Africa è sempre difficile, non sai da che parte iniziare, ma poi in realtà è pure facile, basta sceglierne i protagonisti. Ed è facile per me, perché la mia quotidianità è fatta dai bambini, quindi ti basta mettere al centro le loro storie e quel che ruota loro intorno: per chi mi conosce basta guardare i miei stati o leggere la mia pagina Facebook, dove spesso scrivo ciò che passa per questi bambini, ma a volte tra un momento rubato al tempo che anche qui, dopo anni, si è fatto tiranno ed è poco, o forse perché poi la vita lo riempie, inondandolo. E le storie dei bambini sono tante, belle, difficili, faticose, splendide, meravigliose, incredibili, accomunate da una matrice comune: sono forti i bambini africani, insegnano, ti segnano, ti interrogano. E così ci cammini accanto, semplicemente.

È stato un anno ricco e pieno di crescita qui per il progetto principale di cui mi occupo, quello rivolto ai bambini con disabilità: un’apertura all’esperienza del viaggio, percorrendo 300 km per raggiungere ospedali e centri adeguati per le cure più importanti, arrivando a conoscere il centro don Orione, di origine italiana, unico nel paese che si occupa di disabilità. Accanto ad altre strutture private o pubbliche nella grande capitale, dove però avventurarsi è davvero da incoscienti quasi, dove tutto è terribilmente complicato, anche per un missionario. Al don Orione ci sono chirurgia, ortopedia, un neurologo, fisioterapia, psicomotricità, logopedia, tutte quelle specialistiche di base che possono essere di supporto nella disabilità. E quali sono  i progetti per loro? Hanno tanti nomi, tante storie, se ne possono solo nominare alcuni: Sara che a cinque anni ha preso una protesi,

Salomone di due anni è già al terzo intervento per una malattia genetica che gli blocca le articolazioni, Yacouba, Moumouni, Ganine, Soualio, Ange, Ange Marie, Précieuse, Adoration, alcuni dei bambini in terapia riabilitativa laggiù e mi dispiace se non li ho nominati tutti.

E poi ci sono gli orfani, gli abbandonati, i dimenticati, i bambini non visti che se la devono sbrigare, ma che non sempre ci riescono e allora condividi quella sofferenza e fai quel poco o tanto che si può, ma già lo stare loro accanto è un dono, che poi sa di reciprocità. Ed Evrard, che a 13 anni perde una gamba per una frattura scomposta curata con rimedi naturali e massaggi incerti, fino all’infezione estrema che gli distrugge metà arto; ma tu lo guardi e la sua dolcezza ti fa sentire piccolissimo di fronte, perché ha quella purezza che si è fatta forza per aiutarlo.

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