C’è un angolo di cuore dove lasciar spazio a quei sogni che, rimasti chiusi a lungo nel cassetto, sbocciano in meraviglia. Fabio, che di cognome fa Bertoni, quel sogno l’ha trasformato in realtà poche settimane fa. 31 anni, soverese, un lavoro da operaio in un’azienda di Casazza da ormai sei anni, una disabilità che lui ha trasformato in un punto di forza, una famiglia che l’ha supportato in tutto e per tutto e una grande passione, quella per il calcio, che l’ha portato a Torino, nella Prima Squadra Insuperabili A (che significa partecipare al massimo campionato italiano per disabili). Partiamo proprio da qui a raccontare la storia di Fabio. Una convocazione… speciale: “Un giorno è arrivato un messaggio dal mio allenatore, Davide Finardi, dovevo andare a Modena per un torneo. Lì avrebbero selezionato giocatori per le Prime Squadre Ufficiali A, B e C. É stata una sorpresa perché era un sogno che speravo si avverasse l’anno scorso, ma avevano deciso di tenermi ancora un anno a Rovetta e quindi, un po’ deluso, avevo messo via il pensiero. Beh, quando mi è arrivato il messaggio e Davide mi diceva che ero ufficialmente nella Rappresentativa A è stata una grande emozione. Ce l’avevo fatta! È stato un anno un po’ complicato per me ed è stato l’inizio di una rinascita. E poi un pensiero è andato a Vito, il mio allenatore dei CamUnici, la mia esperienza nello sport paralimpico è iniziata proprio a Darfo, certo, mai pensando di arrivare fin qui. Ho anche scelto il mio numero di maglia, il 91, il mio anno di nascita. Il mio ruolo? Terzino e all’occorrenza difensore centrale, penso che la difesa sia il ruolo in cui mi esprimo meglio”.
La passione per il calcio arriva da lontano… “I miei genitori avevano provato con il karate, ma ho capito subito che non era il mio sport (ride, ndr) e quindi a otto anni mio papà mi ha portato a Lovere, alla Virtus, dove sono rimasto per tre anni”.
Sei nato come portiere… “Mi piaceva l’idea di sporcarmi e buttarmi in mezzo al fango, giocavo su un campo di sabbia e l’ho scelto soltanto per quello. Dopo l’esperienza a Lovere sono tornato a Sovere, ho cambiato ruolo, ed è qui che sono cresciuto nello sport. Sono stati gli anni più importanti, ho giocato fino al secondo anno di Giovanissimi e poi, quando ho capito che stava diventando troppo difficile, ho deciso di mollare….
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