“Come vede anche lei, mi sono seduta e rispondo volentieri, ma mi costa fatica fare tutto ciò che dovrei, mi stanco presto. Certo, quando sono tornata dopo due mesi di ospedale non sono riuscita a fare i due gradini dell’ingresso, adesso invece vado bene… Sulla scala che va di sopra riesco a fare 5 gradini prima di fermarmi a riprendere fiato…”.
La dottoressa Formenti è a casa, attorniata dai suoi famigliari. E sta curandosi i postumi dell’attacco del Covid. Che evidentemente lascia tracce pesanti, anche dopo la guarigione. Si cura?
“Certo, certo che faccio le cure! Ho trovato un’ottima fisioterapista di Clusane (Iseo) che viene ancora tre volte alla settimana e mi lascia del lavoro da fare ogni giorno. Prima avevo anche un fisioterapista che mi ha ‘rimesso in piedi’. Ora proseguo con la clusanese che mi sta aiutando ad aumentare la resistenza agli sforzi da un punto di vista muscolare. E’ una grande fatica, ma nel giro di quattro giorni sono riuscita a fare 5 gradini. Per i movimenti fini ci vuole ancora pazienza”.
Suo marito come reagisce? dico nel vederlo sistemare sedie e giochi del bambino.
“Alessandro, poveretto, ha sofferto tantissimo, soprattutto quando ero in ospedale, e lo stesso ha fatto Carlo. Entrambi ne risentono ancora molto. Si sta rientrando nella normalità ma aleggia su tutto la paura del ritorno della malattia. Fanno training entrambi per scacciare la paura di una ricaduta…”
Per lei questa paura è anche fisica, oltre che psicologica…
“Sì, in ospedale la potenza dell’affetto e dell’amore dei propri cari non c’era… Grazie al primario, il dottore di Tavernola, ho avuto un aiuto importante: è lui che mi permetteva spesso di fare videochiamate: è stata una persona molto cara… Tutt’intorno a me giravano infermiere completamente vestite di cui vedevo solo gli occhi dietro grandi occhiali di vetro. C’era anche il nome della persona, ma nulla di quello che si vedeva avrebbe aiutato i malati a riconoscerle. C’erano malati dappertutto e queste persone dovevano curarli, lavarli… Ci si potrebbe tranquillamente scrivere un libro. E’ stata una grande disgrazia, ma lì in ospedale, tra i malati, solo io ero in grado di valutare le necessità dei macchinari. Gli altri malati non capivano, ma io sì… e non potevo parlare. E’ stata un’esperienza veramente forte”.
Cosa stava dicendo delle infermiere?
“Che erano irriconoscibili. Quando sono tornata in ospedale non ho riconosciuto nemmeno la caposala! Erano così bardate che, una volta scoperte, mi sembravano tutte persone sconosciute: E sì che durante il ricovero le ho viste tutte instancabili, con attenzioni veramente belle per i vari malati”.
Ma lei adesso è in pensione, e noi pazienti siamo corsi all’ASL a cercare il sostituto…
“Di questo non so niente. Ho preso contatto con il dottor Cantalamessa per riferirgli le cose più importanti e siamo rimasti d’accordo che collaboreremo. Fino a qualche tempo fa non facevo nulla, poi ho ripreso a fare l’agopuntura. Sì, perché io sono agopunturista e questo aspetto della medicina mi interessa in particolare. Ho ripreso da qualche tempo, in accordo con Milano e Verona, e poi faccio delle teleconferenze, sempre di agopuntura. Faccio la nonna e l’agopuntura…”…
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