TAVERNOLA – RACCONTO – “Io, Vincenzino e Annamaria su quel maledetto battello, domenica 5 novembre 1944”

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Non sono più nel bel cimitero panoramico di Tavernola, dove ho passato i primi trent’anni del mio eterno riposo con i miei figli, perché mia moglie Italia e mia figlia Rosa sono venute a riprendermi per consentire ai nostri resti di riposare accanto a quelli degli altri parenti a Ruvo di Puglia, la città da cui provenivo e dove erano tornate ad abitare le due persone superstiti della mia bella famiglia.

Superstiti, perché dei suoi cinque componenti tre, tra cui io, hanno perso la vita in seguito al mitragliamento del battello Iseo su cui viaggiavamo la mattina di domenica 5 novembre 1944, diretti a Riva di Solto dove era sepolto il nostro secondo bambino morto poco dopo la nascita.

Quando ero vivo mi chiamavo Marino Lojodice ed ero ragioniere. Ricoprivo il ruolo di segretario comunale a Tavernola e abitavo nel bel palazzo delle scuole all’ultimo piano con mia moglie e i 3 figli: Rosa di otto anni, brava scolara di terza elementare, Vincenzino di sei, vivace e sempre allegro, e la piccola Annamaria che a un anno già camminava e pronunciava le prime parole. Tre figli, forse quattro, perché mia moglie era sicura che di lì a qualche mese un altro bambino sarebbe venuto a rallegrare la nostra bella famiglia.

Dove andate così di fretta?”, ci aveva chiesto il nostro vicino, il Guardia, con la cui famiglia eravamo in ottimi rapporti, mentre scendevamo insieme le scale: lui diretto alla Mess’alta delle 10.30 e noi al battello che, proveniente da Iseo, ci avrebbe portato a Riva salpando alle 10.20…

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