La collina è un archivio della memoria. Il lago là sotto increspato dall’Ora. Dal paese la vecchia mulattiera col selciato, i gradoni di pietra, una salita verso il cielo aperto segnato dal campanile dell’antica chiesa di S. Pietro. Adesso ci si arriva in auto. Qui c’erano vigneti (mangiati dall’urbanistica) e sotto sopravvivono gli uliveti. Il tornado delle scorse settimane si è portato via due cipressi.
I vecchi lo chiamavano il camposanto. Negli anni ha risalito la collina, nuovi terrazzamenti per conservare i ricordi, il pianto e i rimpianti. Le immagini sono di sorriso, foto di quando si era felici magari con poco o niente e ogni immagine desta nostalgie e perfino malinconie.
Entro come una sorta di omaggio doveroso nella cappella dei preti, don Camplani, burbero cappellano delle suore, le messe all’alba nella chiesina del Cacciamatta (Emma, che gli faceva da “perpetua”, la troverò altrove, mi regalava le spumiglie), lo zio don Pierì, prevosto per 27 anni. Fece costruire questa cappella mettendoci una scritta in latino che invita a ricordarsi dei preti che hanno dedicato la loro vita (o almeno una parte) al paese, caso mai appunto ci si dimenticasse di loro. Il ricordo del Vescovo mons. Bruno Foresti, sepolto nella cattedrale di Brescia e qui ricordato ai piedi dell’altare, don Aldo Cristinelli e il suo girovagare alla ricerca di una pace monastica, Fabrizio che fatico a chiamare “padre” per la vecchia amicizia, don Giacomo Fenaroli che fu parroco a Bueggio e poi e poi…. Fuori uno sguardo al lago dell’ottobrata anomala inquadrato tra i cipressi superstiti. Le tombe nella prona terra.
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