Alcune centinaia di persone hanno sfidato la forte pioggia e hanno partecipato alla manifestazione organizzata dall’Associazione Commercianti di Trescore per protestare contro le nuove direttive anti-Covid decise dal Governo. In particolare, molto contestata è la chiusura di bar e ristoranti alle 18. C’è infatti il timore che le nuove misure portino alla chiusura definitiva di molte attività commerciali in tutta Italia.
“C’è stato un buon afflusso di persone – sottolinea la presidente Raffaella Cortesi – e voglio ringraziare tutti coloro che hanno partecipato alla manifestazione. Ci siamo trovati insieme non per fare guerre o per incitare alla violenza. Avevo detto fin dall’inizio che la nostra doveva essere una manifestazione pacifica, altrimenti l’avrei subito stoppata. E infatti è stata pacifica e, ci tengo a precisarlo, non è stata una manifestazione politica. Il nostro è stato un incontro tra gente che lavora e che vuole esporre a chi ci governa le reali problematiche di chi sta sul campo tutti i giorni. Avviamo voluto raccontare la nostra quotidianità di persone che si alzano al mattino presto per poter dare una vita dignitosa alle nostre famiglie. Mi ha fatto piacere vedere persone provenienti anche da altri paesi. Adesso vogliamo vedere quali saranno le reazioni politiche”.
Cosa non piace delle nuove normative anti-Covid? I commercianti sottolineano di aver contribuito e di continuare a contribuire a sconfiggere questo virus. Si sono adeguati alle misure restrittive della scorsa primavera e hanno investito soldi nelle loro attività, affinchè si potesse continuare a lavorare. Hanno garantito sanificazioni, distanze di sicurezza, mascherine, adeguamento a tutte le norme igienico-sanitarie richieste dal Governo. Era stato assicurato che rispettando queste restrizioni, niente sarebbe stato nuovamente fermato. Però, queste nuove restrizioni e imposizioni rischiano di mettere in ginocchio e di far chiudere molte attività.
La richiesta dei commercianti di Trescore (e degli altri paesi) è rivolta direttamente al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a cui si chiede di rivedere il DPCM e di rimettere tutti nelle condizioni di lavorare dignitosamente.