Caro direttore, permettimi qualche riga a proposito degli ultimi articoloni, ultimi di una lunga serie incominciata nei primissimi Anni Novanta del secolo scorso (e già parlare di secolo scorso…) a proposito di quella vera e propria araba fenice, comunemente chiamata variante (noi non abbiamo bisogno di altre aggiunte!): chiesta, promessa, sollecitata, scomparsa, ricomparsa, col buco, senza buco, poi ancora col buco, programmata, sprogrammata, finanziata, costosa…
Come tu ben sai (così lo sanno anche gli altri) sono nato nel 1940, quattro mesi dopo l’inizio della nostra seconda guerra mondiale (i miei nipoti sanno dell’inizio della guerra non per quello che hanno imparato a scuola, no, figurati, ma per il mio compleanno) ed ho passato i primi anni della mia infanzia a Trescore (anche questo lo sai, ma io sono nato a Borgounito: già, dov’era? in Bergamasca?)
Che c’entra? C’entra, c’entra!
Il mio nonno paterno, Marcello, abitava a Borgo di Terzo (trovato!): era del 1883 e di professione era stradino, anche se il titolo ufficiale era quello di cantoniere. Infatti, i cinque chilometri che separano ancora oggi – non per nulla la strada l’è amò chèla – Trescore da Borgo erano, allora, suddivisi in vari tronchi, ciascuno con il suo bravo numero di identificazione, e affidato appunto ad uno stradino, che era direttamente responsabile delle buche, dell’erba, delle banchine, degli scoli dell’acqua (convogliata verso il Cherio) e vi era, in quei tempi, una vera e propria gara a fare meglio, perché, sempre in quei tempi (scusa, anche allora la strada era dell’ANAS!), passava periodicamente il capo cantoniere (mi viene in mente un cognome: Brentegani), che non lesinava rimproveri.
Dimenticavo: sempre allora (ma in parte anche oggi), in alcuni punti di quei cinque chilometri si poteva ancora riconoscere, sia pure molto parzialmente, il tracciato del glorioso treno (per tutti noi era όl tram) che univa Bergamo alla Valle Cavallina, in funzione dal 1904 fino al primo dopoguerra, anzi si vedevano ancora delle riseghe, a fianco del percorso, dove era conservata la sabbia per ogni evenienza.
Che c’entra? C’entra, c’entra!
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