Un’originale Jazz Passion al femminile e in prima nazionale risuona nell’antica chiesa di San Nicolò a Bergamo

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Una Passione di Nostro Signore Gesù Cristo in jazz. E con una forte presenza femminile. L’inedito e innovativo progetto, ideato da Alessandro Bottelli, sarà presentato in prima nazionale domenica 21 aprile (ore 16 – replica ore 20) nell’antica e artistica Chiesa di San Nicolò ai Celestini di Bergamo, da un anno a questa parte al centro di un più vasto e organico percorso di valorizzazione musicale. Si tratta di un lavoro vocale e strumentale creato ex-novo, affidato alla creatività della compositrice e violinista italospagnola Eloisa Manera, che per l’occasione, oltre ad esibirsi lei stessa in qualità di direttrice e solista, si avvarrà della collaudata esperienza di professionisti quali Gaia Mattiuzzi (voce), Carlo Nicita (flauto traverso), Federico Calcagno (clarinetto basso), Daniela Savoldi (violoncello), Roberto Cecchetto (chitarra elettrica) e Francesca Remigi (batteria). Da sempre interessata al carattere antropologico e migratorio della musica, come dimensione artistica catalizzatrice di culture diverse, Eloisa Manera è laureata nei Conservatori di Venezia, Cremona, Milano sia in Classica che in Jazz e ha studiato in Germania, Spagna e Stati Uniti. Ha partecipato a produzioni musicali con Herbie Hancock, Karl Berger e Ingrid Sestro, Ralph Alessi, Chris Cutler, Keith e Julie Tippett, Mike e Kate Westbrook, Adam Rudolph, Cyro Baptista, John Ehlis, Enrico Intra, Simone Zanchini, Yigit Ozatalay, Roberto Cecchetto, Marco Remondini, Andrea Dulbecco, Tino Tracanna, Alessandra Bossa, Floraleda Sacchi, Martina Rudic e moltissimi altri. In album la troviamo a fianco di Giovanni Sollima, Mario Brunello e Paolo Fresu. Ha suonato in diversi teatri italiani (Teatro alla Scala, Arcimboldi, Teatro Morlacchi, Teatro delle Muse, Teatro Alfieri, Teatro Bibiena, etc.) e in Inghilterra, Svizzera, Germania, Spagna, Francia, Turchia, Marocco, Portogallo e Stati Uniti all’interno di Festival di musica classica, elettronica e jazz. Oltre ad una quarantina di collaborazioni discografiche si segnalano alcuni lavori da leader: ‘Rondine’ (2014) e ‘Duende’ (2022) in violino solo ed elettronica dell’etichetta Almendra Music, ‘Invisible Cities’ (2016) per ensemble jazz (Aut Records, Berlino) e i due dischi dell’elettroacustico Phase Duo: ’S/T’ (2019) e ‘Generative Glimpse’ (2022), uscito per la Chant Records di NY.

Scrive Eloisa Manera nelle sue esaustive note di presentazione: «La Passione si articola in 7 brani per 7 strumentisti: voce, violino, flauto, clarinetto basso, violoncello, chitarra e batteria. Il genere è catalogabile all’interno dello stile del Jazz contemporaneo. La musica accoglie ed integra in sé varie contaminazioni, che prendono spunto sia dalla musica classica (è un lavoro che potremmo inscrivere tranquillamente nell’ambito della musica a programma), che dal fecondo bacino della musica etnica.

Il racconto dell’Ultima Cena è aperto da un solo di flauto che ci accompagna e ci introduce in un banchetto dal sapore etnico: le scale e i ritmi utilizzati prendono spunto dell’antica tradizione della musica araba ed in particolare da alcune scale, rimodulate in modo personale. Il mondo sonoro al quale si rifanno questi temi, è quello dei “Maqam” (scale musicali di tradizione popolare, paragonabili ai Raga indiani o ai Modi della musica greca antica) che geograficamente appartengono all’area del Mediterraneo Orientale, nella quale le religioni e culture cristiana, ebraica e islamica sono intrecciate in modo inscindibile. I luoghi di cui si parla nei Vangeli sono purtroppo gli stessi nei quali attualmente si stanno verificando indicibili tragedie, difficili per l’essere umano anche solo da immaginare, perché troppo pesanti. Mi sembrava profondamente doveroso omaggiare l’antica tradizione musicale legata a quella terra e quei popoli che stanno vivendo un calvario disumano, che sembra non avere fine.

Getsemani è il secondo brano e vuole rappresentare la scena del Monte degli Ulivi, dove Cristo e i discepoli si ritirano in preghiera. La drammaturgia, dopo il primo movimentato quadro di festa, dal retrogusto amaro, prosegue con una sorta di stasi in cui l’idea è che il tempo fermi improvvisamente il suo flusso. Questo momento molto intimo è realizzato tramite una serie di stratificazioni di fasce sonore lente e inesorabili in cui lo spirito religioso, di preghiera e solitudine sono state ispirate dalla musica dei grandi compositori che hanno esplorato il cosiddetto ‘spettralismo’. La composizione nasce quindi partendo dalla considerazione che dal punto di vista acustico all’interno di ogni singolo suono, siano racchiusi infiniti altri suoni, che altro non sono che le corrispondenti componenti armoniche appartenenti e generate dal suono di partenza. Il corpo armonico crea una sola nota e dalla vibrazione della stessa, nascono tutte le altre: come dal Padre al Figlio e ritorno, in una invocazione a partire dal Corpo di Cristo, consapevole di tornare al Padre in tempi brevi.

Segue L’arresto: momento in cui la tragedia vera e propria ha inizio. Gesù viene sorpreso, trovato e arrestato sul Monte degli Ulivi dalle guardie. Il brano ha evidenti caratteri militareschi e la batteria la fa da padrona scandendo ritmi di marcia. L’articolazione è inesorabile e dipinge il crudele incalzare del destino al quale neanche il Figlio di Dio si può opporre. Echi stravinskijani e minimalisti tratteggiati dagli archi sottolineano, insieme alla batteria, sia l’arrivo della truppa, che il senso di attesa e presagio mortifero sotteso alla scena. Flauto, voce, violoncello e clarinetto basso sono le voci incredule dei discepoli che intervengono e vorrebbero opporsi alla dipartita del loro mentore. Al centro la voce della chitarra emerge in un solo che per contrasto vorrebbe rappresentare un canto più sereno: l’anima spirituale e carnale del Cristo viaggia in bilico tra disperazione e accettazione. Il brano si conclude con il sopravvento dei miliziani.

In Ecce Homo sentiamo svolgersi il processo di Gesù, in un duale alternarsi e poi sovrapporsi di umori e movimenti che sono organizzati sia in forma dialogica, che di contrasto. Abbiamo Giuda e Pilato: gli archi e i fiati si rimbalzano botte e risposte. Il soprano è la voce di Cristo che nel cuore del brano rimane da sola ad esprimere, in un solo completamente libero, l’agonia, l’angoscia e il dolore per le flagellazioni. Questo corrisponderebbe al momento in cui il Figlio dell’Uomo viene mostrato con la corona di spine. Su questo immaginario monologo, entra la folla inferocita (in addizione si aggiungono: flauto, clarinetto basso e violoncello) che soffoca la sua voce, facendo vincere il caos, l’irrazionale, la ferocia. Chitarra e batteria raccolgono questi umori in una transizione improvvisata in duo che porta alla conclusione, dove ad esaurimento si ripropongono dei ‘call and response’ inframmezzati da nette pause, a sottolineare sia l’incredulità che l’ingiustizia del verdetto finale.

Si giunge poi all’episodio del Golgota, ovvero a una sorta di sintesi della Via Crucis: quella dolorosa processione che Gesù fa con la croce sulle spalle per salire sul monte dove verrà crocifisso.

Il brano è introdotto da un solo di violoncello che ci accompagna in questa ascesa di Gesù. La melodia affidata a canto, violino e flauto nel suo svilupparsi (sia in termini di frequenze che di ritmo) cerca di esprime al contempo: la fatica fisica, l’arrancare, le fermate, le cadute e l’arrivo in cima al monte. Anche in questo brano convive la doppia natura: fisica e spirituale. Se da un lato il ritmo ternario vuole sottolineare un cullare quasi dolce di questo lento procedere verso l’accettazione, le melodie che si dipanano sembrano porre una disperata domanda verso il cielo: “Perché?”

Crocifissione è il brano più caotico di tutti. Dai Vangeli si evince che il mondo è sottosopra, è come se esplodesse: terremoto, eclissi solare, risurrezione dei Santi, squarcio del velo del tempio. Tutto sembra impazzire e lo stesso fa la musica, insieme a questo racconto quasi apocalittico.

In Deposizione tutto è pianto, morte e discesa. La musica ritrae queste due idee con dei cromatismi inesorabili, inizialmente lunghi e poi sempre più ravvicinati. Il Corpo di Cristo viene deposto e scende dalla Croce, alla terra. I singhiozzi e i lamenti di chi resta si fanno più forti. Rimangono la voce e la chitarra a consolare gli animi, a lenire il dolore in un duo che si trasforma in solo ed è preghiera di ricongiungimento: il Corpo è sceso dalla Croce, ma contemporaneamente asceso al Cielo, in attesa di Risurrezione».

Il concerto, dedicato alla memoria di Marco Giovanetti (1960-2019), indimenticato docente di pianoforte e direttore del Conservatorio “G. Donizetti” di Bergamo scomparso prematuramente cinque anni fa, si inserisce nelle «Settimane della Cultura» promosse dall’Ufficio per la Pastorale della Cultura della Diocesi e ha la media partner del settimanale Famiglia Cristiana, del quotidiano Avvenire, di BergamoNews e araberara. Le offerte raccolte saranno interamente devolute a “Progetto Donna” – Saavedra (Bolivia) della Procura Missionaria delle Suore Sacramentine, che sono anche le proprietarie della chiesa e dell’annesso convento. Il progetto intende aiutare le donne boliviane della campagna, perlopiù discriminate e sfruttate perché analfabete, a recuperare il senso della propria esistenza, avere un lavoro dignitoso, acquisire una maggiore autostima e rispetto di sé, così da migliorare la qualità della vita e del loro ambiente familiare e sociale. 

L’iniziativa, promossa dall’Istituto Suore Sacramentine di Bergamo in collaborazione con la Parrocchia di Santa Caterina e con la direzione artistica di Alessandro Bottelli, è resa possibile grazie al sostegno delle ditte Montello SpA, Ambrosini, Frassati SpA, della Fondazione Credito Bergamasco e di Eliorobica come sponsor tecnico.

Ingresso con offerta libera e prenotazione obbligatoria al: 388 58 63 106.

 

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