VAL DI SCALVE – CHIESA – Il 65° di ordinazione di don Domenico Gritti da 13 anni in Val di Scalve

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‘Il Signore ha giurato: Tu sei sacerdote per sempre”. “Per grazia di Dio sono quello che sono. Fratelli, pregate perché la grazia di Dio in me non sia vana”. Queste le due citazioni che don Domenico Gritti fece stampare nel ‘santino’ della sua ordinazione sacerdotale. 65 anni fa.

Che la grazia di Dio non sia stata vana lo dimostra la sua lunga vita interamente dedicata alla Chiesa. Una vocazione nata da bambino, a Nese, grazie al luminoso esempio del suo parroco. Frequenta fino alla quarta la scuola elementare del paese, poi la quinta ad Alzano.

“Se Domenico diventa prete, io mi mangio un asino coi ferri” disse la maestra delle elementari di Nese quando seppe che quel bambino particolarmente vivace voleva farsi sacerdote. “Le ricordai sorridendo quella affermazione quando andai a casa sua per portarle l’immagine della mia ordinazione sacerdotale. Ricordo la commozione che lessi nei suoi occhi”.

Domenico frequentò la prima media dalle Suore di Albino: il seminario di Clusone era occupato quell’anno dai bambini libici rientrati in Italia e dal commando tedesco. Gli studi continuarono poi nel seminario di Clusone e quindi in quello di Bergamo fino alla terza liceo.

“Per la teologia chiesi di entrare nella Comunità Missionaria del Paradiso, fondata nel 1949 a Bergamo dal Vescovo Bernareggi e da don Benzoni per aiutare le diocesi con scarsità di clero e per essere presenti fra gli emigranti. La richiesta venne accolta e andai a vivere nella struttura del Paradiso, un ambiente familiare, molto accogliente e stimolante. Venni ordinato sacerdote il 9 giugno 1956. Facile immaginare la gioia di quel giorno”.

Il racconto di don Gritti, dal 1956 in poi, è tutto un rincorrersi di date e di parrocchie che lo videro attivo e propositivo in tante belle iniziative: la prima fu Sansepolcro, in alta Valtiberina (Arezzo), dove rimase per 8 anni fino a quando, giocando con i ragazzi, non si ruppe per ben due volte la rotula e dovette tornare a casa.

“Una volta guarito, la Comunità del Paradiso mi mandò a Monterotondo Scalo (RM) per le confessioni di Pasqua. Avrei dovuto trattenermi una settimana, ma, su richiesta del Vescovo della diocesi Sabina, mi fermai 6 anni. Vissi tra gente laboriosa, il cui lavoro prevalente era nelle fornaci per produrre mattoni; una comunità caratterizzata da persone di diversa provenienza, soprattutto abruzzesi e siciliani.

Nel 1970 nuova destinazione, questa volta nell’area metropolitana milanese, a Corsico-Buccinasco, nel quartiere di S. Adele fino al ’76; poi fui per 10 anni in una parrocchia vicina, a Ponte Sesto di Rozzano: una zona che da contadina era diventata residenziale per famiglie che si erano costruite la loro casa; lì bisognava costruire la nuova chiesa in mezzo alle case, perché la vecchia era fuori mano, al di là del Lambro. L’area edificabile era stata regalata dal proprietario terriero al momento della lottizzazione; il progetto venne realizzato velocemente da un ingegnere amico di Bergamo e fu approvato dal Comune nel tempo record di un giorno! Uno dei momenti più emozionanti della mia vita sacerdotale fu quando l’arcivescovo Martini il 3 ottobre 1980 all’inizio del Rito della dedicazione mi ordinò di aprire la porta della nuova chiesa; nel farlo pensai: ‘Magari potessi aprire così la porta del Paradiso per me e per tutta la gente di Ponte Sesto!’. Era vuota dentro, panche al posto dei banchi. Ma mai una chiesa mi parve tanto bella!”…

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