Si intitola “I frerini della Valle di Scalve – note sull’attività estrattiva locale preindustriale” il volume (corposo, 254 pagine) di Maurilio Grassi. Altro che “note”, questa è la storia documentata di un’attività che, passando a livello industriale, ha interessato l’economia della Valle di Scalve fino agli anni ‘70 del secolo scorso. Maurilio è partito dai “segni” lasciati sul territorio dai “forni di torrefazione” ma poi ha “scavato” risalendo alla fondatezza di storie tramandate e mai verificate. “Altra finalità di questo lavoro è documentare quella parte di storia mineraria remota, riportata più come racconto tradizionale, quasi come un’epopea, in cui la realtà viene spesso travisata”. Da qui il lungo lavoro di ricerca di documenti e testimonianze fondate “scientificamente”, manoscritti inediti come quello riportato in appendice, di Maironi da Ponte (“Sulle miniere della Valle di Scalve nella Provincia di Bergamo” – 1784). Ma anche altri manoscritti di scalvini doc, come il diario di Daniele Agoni su “Miniera Gaffiona Schilpario” (periodo 1916-1925) o la “Rubrica del libro de conti de Compartesip osia sosi della miniera Vitello” di Bartolomeo e Batista Zamboni di Nona (1820-1824).
La Valle di Scalve che nella leggenda Dio ha creato per ultima, come ciliegina sulla torta della creazione “è sterile… ma a cotesta sterilità ha Dio proveduto e rimediato… con l’abbondanza delle miniere del ferro, che in questa Valle sono in tanta copia…”…
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