Lucio Toninelli*
La Montagna di Scalve, la ‘Scalve Mountain’, è gravida! Cosa partorirà, è presto per dirlo. Le premesse perché nasca qualcosa di concreto, ci sono. Sono riassunte nelle parole pragmatiche di Massimiliano Belingheri, che nel suo asciutto intervento durante la recente Assemblea Pubblica organizzata dall’Associazione “Scalve Mountain”, ha detto: “Questo è un Project Financing”. Poi ha tradotto: abbiamo un progetto valido e i fondi per realizzarlo. Un‘affermazione di pragmatico spirito imprenditoriale. Bene!
Quanto alle “levatrici” – le Amministrazioni di valle – che dovrebbero assistere il travaglio e il parto, sembrano un po’ meno convinte e in ordine sparso. La loro voce dice “sì”, il loro body language dice “ni”, alcuni loro atteggiamenti sembrano dire “no”. Ma aspettiamo a valutare. Forse aspettano l’ecografia del feto.
Che è poi quello che anche noi aspettiamo di vedere. Parlo della gente di Scalve, – quelli normali che qui abitano, che non sono né imprenditori né operatori turistici né… turisti – che dovrebbe poter esprimere un parere vincolante, ma che non ha avuto ancora modo di esprimerlo, perché non ha ancora visto il Progetto. All’Assemblea della scorsa settimana – affollatissima! – non si è parlato del progetto né si è chiesto quale sia il punto di vista degli scalvini. Forse dando per scontato che tutti ne avessero cognizione e che fossero favorevoli. Oltre la cortina delle buone intenzioni e delle indubbie competenze messe in campo, sul “cosa si farà” l’attesa dei partecipanti, è andata un po’ delusa. E questo lascia spazio alle ipotesi e tesi più fantasiose. Che magari ci azzeccano.
Vogliamo sperare che il coinvolgimento dei cittadini avvenga prima che sia già definito e approvato il disegno complessivo. Perché il “territorio”, alla fine, è di chi ci abita e non può diventare solo – o principalmente – il luogo di svago di chi ci viene saltuariamente in tour. Né può essere solo un territorio di caccia di opportunità, sia pur legittime, imprenditoriali. L’obiettivo prevalente e declinato in varie voci nel convegno è apparso quello di “sviluppare le nostre inespresse risorse e vocazioni turistiche”. Chiarissimo.
Ma qui in valle non ci sono solo operatori turistici. Ci sono centinaia di famiglie che vivono del lavoro nelle fabbriche – anche di ottima tecnologia, – ci sono allevatori/agricoltori appassionati, – sempre meno – ci sono artigiani, che qui vivono stabilmente. Ci sono pensionati. Nessuno di loro vuol sentirsi subalterno ai turisti né, credo, sentirsi “turista a casa propria”. È la frase che è stata sentita e scritta. L’intento era certamente buono, ma il lapsus molto rivelatore, Credo che gran parte di noi voglia sentirsi “cittadino e padrone” a casa propria. Quando vuol essere turista, magari preferisce andare altrove. Se mai vorremmo che fossero i turisti a “sentirsi scalvini”, quando sono qui. Che amassero la nostra terra per la sua storia, la sua cultura, i suoi valori, la sua bellezza; e non pensassero di trasformarla a loro piacimento.
Orecchiando le “conte” da strada e da bar, i pareri sul Progetto, si dividono fra: entusiasti, speranzosi, scettici, sospettosi, contrari. Ma questo è comprensibile, almeno fino a quando il sarchiapone (roba per gente dai capelli bianchi!) non sarà svelato.
Se sarà un buon progetto, dipende dalla visione che lo ispira. Vogliamo paesi dalle persiane chiuse dieci mesi all’anno e in delirio negli altri due, o centri abitati da comunità vive di cittadini, che vogliono vivere qui tutto l’anno con le loro famiglie? Centri dotati anzitutto di servizi di abitabilità di alta qualità, o dotati di attrezzature turistiche di primordine? …
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