VAL DI SCALVE LA STORIA Flavio, l’ultimo dei 5 del Pukajirka Ol Casér, il papà di Livio, un giorno mi ha detto, ‘se rimani in vita, vedi gli altri andare’. Ne ho visti tanti ‘andare’. Noi cercavamo l’avventura, oggi non hanno rispetto…”

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E’ l’unico sopravvissuto alla tragedia di 35 anni fa dei cinque alpinisti scalvini che andarono ad affrontare quella terribile montagna con i suoi muri di ghiaccio che aveva fermato già due spedizioni alpinistiche bergamasche. Il Pukajirka Central, nelle Ande peruviane, 6010 metri di altitudine. Flavio Bettineschi adesso ha 63 anni, compiuti il 13 gennaio scorso. Di quella spedizione è rimasto il solo. “Veramente c’è ancora anche Bruno Berlendische dovrebbe avere 91 anni…”. Vi siete incontrati dopo di allora? “L’ultima volta ci siamo visti al funerale del Roby…”. Roby Piantoni, figlio di Livio, è morto tragicamente, come il padre, in montagna nell’ottobre 2009. Berlendis era il capospedizione, non partecipò all’arrampicata che portò i cinque scalvini a un passo dalla vetta, prima che il grande muro di ghiaccio crollasse e trascinasse nel baratro di 500 metri Livio Piantoni, Italo Maj e Nani Tagliaferri. Sopravvissero in due, Rocco Belingheri, morto tragicamente tre anni fa cadendo da un tetto e, appunto, Flavio Bettineschi.

Risento Flavio dopo 35 anni, quando mi raccontò la tragedia in due ore di intervista, pubblicata poi nel libro “Pukajirka ‘81 – storie di uomini e di montagne” insieme al racconto di Rocco. Non abita più a Colere, ma due valli più in là, dall’altra parte della montagna, in val Serina.

Vai ancora in arrampicata? “No, adesso vado in montagna e in posti che non sono interessanti per l’alpinismo, vado per sentieri, creste e rifugi. In cordata ci va mio figlio Morgan che ha 24 anni e la mia stessa passione. Ma non gliel’ho lasciata io in eredità, se l’è presa per conto suo, ammira quello che è stato il nostro modo di arrampicare, ha già fatto montagne impegnative, è tornato dal Cervino che avevo fatto anch’io da giovane”. Non hai paura per lui? “No, perché ha una grande stella sopra di lui”. Cos’è? “La fortuna, l’ha avuta fin da piccolo. E poi mi ascolta, si parla,oltre che padre credo di essere anche un amico. In camera ha un grande poster di Roby Piantoni e anche la prima pagina del suo diario è dedicata a Roby, l’aveva conosciuto per caso, ci eravamo incontrati un giorno che si andava verso il Monte Bianco. Morgan adesso, tornando dal Cervino, mi ha detto, l’ho fatto ma se avessi dovuto affrontarlo come facevate voi, senza l’attrezzatura che abbiamo noi, salendo sulle rocce vive, non l’avrei fatto”.

Ecco, hai in casa l’alpinismo moderno. E tra te e tuo figlio vi parlate. Ma dall’esterno sembra che il moderno alpinismo abbia ormai poco a che vedere con il vostro. Eppure ricordo che raccontando la preistoria dell’alpinismo, voi sembravate i “moderni”, allora. E adesso siete gli “antichi”….

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