Piero Bonicelli
«Filippo trovò Natanaele e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti: Gesù da Nazaret, figlio di Giuseppe”. Natanaele gli disse: “Può forse venir qualcosa di buono da Nazaret?”. Filippo gli rispose: “Vieni a vedere”».
La citazione rimanda alla prima impressione che ho avuto quando mi è stato presentato un libro corposo (550 pagine) scritto da un autore che viene da Valbondione. Noi scalvini abbiamo memoria (scritta) del tempo, i paesi di quella zona erano sotto giurisdizione della Comunità Grande di Scalve. Ma poi, dai, uno che si chiama… Nazareth Simoncelli. La citazione di Nazaret diventa tentazione.
Il romanzo ha un respiro che l’alta valle Seriana non poteva contenere. Infatti. Non pensate a quei libri che vengono sfornati da noi, qualche storia scritta bene, altre così così. Questo è un romanzo storico e la definizione viene legittimata dalla lettura.
C’è una voce narrante che racconta la sua odissea. “Odissea” non è vocabolo sprecato, questo è un viaggio verso l’ignoto, un ritorno a casa che, come per Ulisse, subisce deviazioni forzate, tranelli, insidie e ci sono anche qui i “proci” che nel frattempo si sono impossessati del potere politico, militare ed economico. E da Ulisse riprenderà la… “strategia” in un assalto al castello. Difficile da smantellare, se non con la forza. Il protagonista non è un militare, pur avendo combattuto a Lepanto, è un commerciante che si fa condottiero suo malgrado. E non ha un nome, ma da tutti verrà chiamato “Aeternum”, lo vogliono morto in tanti, agguati che arrivano fino a Venezia, a Damasco e poi su nelle valli. Anche per lui ci sarà una fine, ovvio, l’eternità non è di questo mondo, ma… “la mia nascita verrà registrata l’11 novembre 1551 ma non vi è traccia della mia morte e io non me la ricordo in tutta onestà…
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