Le montagne aspettano neve come gli occhi di Mbshr Aiamed (non è un errore di scrittura, si chiama proprio così) sembra aspettino qualcosa. Lizzola è deserta, pomeriggio di un 9 dicembre, le feste natalizie sono ormai ovunque, ma non qui, in giro non c’è nessuno, su uno dei pochi negozi la scritta ‘vendita di souvenir fatti a mano’, ma in giro di gente che cerca souvenir neanche l’ombra. La palazzina che ospita 53 profughi è giusto vicino alla chiesa, panni stesi alle finestre, una porta in legno e vetro per entrare. Fuori un piazzale che divide la palazzina dalla casa della famiglia Semperboni, quella famiglia che da sempre ha un contenzioso aperto con l’attuale amministrazione per la questione profughi. Ma la settimana scorsa un profugo passeggiando nel cortile ha notato qualcosa per terra, si è avvicinato, era un portafoglio, dentro soldi e documenti, il profugo Mbshr Aiamed non ci ha pensato su due volte e lo ha consegnato al responsabile della struttura Rami: “Si è fatto capire a gesti – racconta Rami – perché Aiamed era qui da pochi giorni e viene da una regione del Pakistan dove si parla un dialetto particolare, non parla né italiano, né francese, né inglese. Nel portafoglio 190 euro e documenti, il portafoglio era di Antonio Semperboni, già, proprio lui, il papà di Walter”. Rami va a casa di Antonio, giusto pochi metri dopo il piazzale: “Gli ho chiesto se aveva perso un portafoglio, mi ha detto di sì, ha capito al volo, gliel’ho dato, si è commosso, è stato un momento molto bello”. Rami si ferma, sorride e guarda Aiamed, vicino a lui un mediatore culturale che conosce la lingua urdu e che è venuto da Bergamo per tradurre: “Antonio era davvero emozionato, aveva gli occhi lucidi, mi ha detto che voleva conoscere Aiamed per ringraziarlo”. Insomma, il portafoglio di Semperboni ritrovato da un profugo. Arrivato giusto da pochi giorni a Lizzola.
Un viaggio lungo quello di Aiamed, 38 anni, una moglie e due figlie in Pakistan: “Ho avuto un brutto incidente laggiù – racconta tramite il traduttore – e non riesco più a muovere il braccio destro e così sono partito perché mi hanno detto che in Francia c’erano bravi medici che avrebbero potuto operarmi…”….
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