Ziliani. Otto mesi dopo i tre sono crollati. Uno dopo l’altro. A effetto domino. E hanno confessato: “Le abbiamo dato i farmaci, poi le abbiano messo un sacchetto in testa e lo abbiamo chiuso. Laura non moriva e io e Silvia le abbiano stretto le mani al collo”. Un racconto di quelli da racconti dell’horror quello di Mirto Milani, il fidanzato di una delle figlie di Laura Ziliani, l’ex vigilessa di Temù, nel Bresciano, uccisa lo scorso 8 maggio dallo stesso Milani e dalle due figlie della donna, Silvia e Paola. I tre, dopo mesi di carcere e dopo la chiusura delle indagini, hanno deciso di confessare. E man mano, in lunghi interrogatori, hanno ricostruiti quanto accaduto. Nelle indagini dei mesi scorsi, che avevano portato all’arresto dei tre, il medico legale aveva ipotizzato che, una volta stordita, la vittima fosse stata soffocata con un cuscino. Ma il racconto dei tre disegna un altro e più terribile scenario: una delle figlie, la più grande, ha strangolato la madre a mani nude, aiutata dal fidanzato, dopo averla narcotizzata. Le due sorelle hanno spiegato che la madre le faceva sentire inferiori, sbagliate e inadeguate. Lei, sempre attenta al fisico e all’attività sportiva, le avrebbe attaccate ripetutamente perché sovrappeso. Le due figlie dell’ex vigilessa hanno spiegato poi che i rapporti erano logori da tempo. Nei loro interrogatori dei giorni scorsi, nei quali hanno rotto il silenzio che durava fin dal momento dell’arresto lo scorso 24 settembre, il “trio criminale” ha confermato anche la ricostruzione degli inquirenti in merito all’omicidio del 16 aprile di un anno fa. Ventidue giorni prima del delitto i tre stordirono Laura Ziliani con benzodiazepine, anche in quel caso facendole bere una tisana, e per oltre 36 ore la donna rimase stordita. “Un episodio che altro non è che il prodromo dell’omicidio” dissero gli inquirenti…
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